giovedì 22 gennaio 2009

30.01.09 - Riflettendo su Gaza - un gruppo di donne di Reggio E. in diretta

presenti: Aurora, Carmen, Clelia, Daniela, Deliana e Piera
eccovi la registrazione delle conversazione (46 min e 15 secondi)

giovedì 15 gennaio 2009

COMUNICATO STAMPA - Parlamento europeo, Gaza: cessate il fuoco immediato e fine dell'assedio

COMUNICATO STAMPA
(GUE/NGL)
di
LUISA MORGANTINI
Vice Presidente del Parlamento Europeo
e
ROBERTO MUSACCHIO
Capo delegazione PRC al PE
Parlamento europeo, Gaza: cessate il fuoco immediato e fine dell'assedio
Strasburgo, 15 gennaio 2009

Cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza, fine dell’assedio che “rappresenta una punizione collettiva contraria al diritto umanitario internazionale”, riapertura di tutti i valichi per il passaggio di persone e merci da e per la Striscia e la riconferma della scelta di non procedere al voto per il potenziamento delle relazioni tra UE e Israele: sono questi i punti principali della risoluzione comune approvata oggi all’unanimità dalla plenaria del Parlamento Europeo.


Da diverse fonti si hanno notizie di Hamas che sarebbe pronto ad accettare la tregua ma Israele continua la sua aggressione: mentre i Parlamentari votavano per la risoluzione in cui si esprime ''sgomento dinanzi alle sofferenze della popolazione civile di Gaza'' condannando ''con forza'' il fatto che ''siano stati colpiti obiettivi civili e delle Nazioni Unite'', il quartier generale dell’UNRWA, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi a Gaza city è stato colpito dalle bombe israeliane, che sono cadute anche su ospedali e centri della Mezzaluna Rossa Palestinese.

Il Parlamento Europeo chiede dunque con forza ad Israele di rispettare gli obblighi internazionali e il diritto umanitario, di garantire ‘corridoi’ per l’accesso degli aiuti alla popolazione civile e di consentire alla stampa di seguire gli eventi che avvengono dentro la Striscia. La risoluzione chiede anche ad Hamas di fermare il lancio di razzi sulla popolazione civile nel sud di Israele e di lavorare per l’unità politica e territoriale palestinese.

E’ vergognoso che i gruppi PPE e UEN -per altro non seguiti da molti loro MEPs- abbiano chiesto un voto separato sul blocco di Gaza e sulla violazione da parte di Israele dei diritti umani: gli oltre 1000 morti e più di 4000 feriti a Gaza sono una tragedia e un crimine che non ammettono distinguo.

Noi aderiamo e sosteniamo invece l’appello di molte ONG Internazionali ed europee, di Premi Nobel per la Pace e di gran parte della società civile mobilitata in questi giorni per la pace, affinché Israele risponda davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dei crimini di guerra commessi contro i civili di Gaza -come richiesto anche dalla Commissione Diritti umani delle Nazioni Unite- e che un Tribunale internazionale verifichi anche se armi non convenzionali siano state usate dall’esercito israeliano nella Striscia.

Per informazioni: Luisa Morgantini 0039 348 39 21 465 Ufficio 0039 ...
luisa.morgantini@europarl.europa.eu;

Continua...

domenica 11 gennaio 2009

La quinta mail reggiana su Gaza, di Enzo Grappi

Non ho partecipato alla manifestazione di ieri. non vado a manifestazioni organizzare da imam su base religiosa e presentate con conferenze stampa nelle moschee. Non mi piacciono gli imam e i fondamentalisti che vogliono imporre alla società leggi religiose, siano essi imam , cardinali o Papi. Però l’indignazione verso la strage che Israele sta commettendo nella striscia di Gaza la condivido.

Non mi si dica che i bombardamenti, l’invasione e le centinaia di morti civili sono una “giusta risposta” ai pochi razzi che sono caduti sul territorio israeliano. La realtà è che Israele rifiuta da decenni di ritirarsi dai territori occupati, disprezza le risoluzioni dell’ONU, si arroga il diritto di uccidere a suo piacimento ( i cosiddetti “omicidi mirati”). Questa politica non ha fatto che alimentare la crescita dei movimenti fondamentalisti a base religiosa, come Hamas, che,non dimentichiamolo, ha vinto nel 2006 le elezioni in Palestina, elezioni democratiche svoltesi con la supervisione di osservatori inviati dall’Unione Europea. I farisei di casa nostra,che non hanno detto una parola di condanna di queste stragi, hanno subito innalzato alte grida di condanna perché alcuni hanno dato fuoco a una bandiera israeliana, gesto esecrabile ma subito condannato dagli organizzatori stessi. Gesto esecrabile,ripeto, ma che non va sopravvalutato. Quando sul finire degli anni ’60 si dava fuoco alla bandiera americana non era per cancellare gli USA dalla faccia della terra,ma per esprimere una estrema protesta contro il massacro del Vietnam. Ma forse molti di quelli che c’erano, e che oggi non fanno più un passo senza l’auto blu, preferiscono non ricordare.

Continua...

martedì 6 gennaio 2009

Una quarta mail reggiana su Gaza, di Clelia Mori

Carissimi/e,
in qualche maniera sono contenta della discussione complessa e a tratti anche aspra che si è sviluppata tra noi sull'angoscia della guerra tra Israele e Palestina. Molte/i di noi stanno lavorando e Carmen ha dato delle risposte importanti che condivido alla serie di domande che ho scritto precedentemente e ci aiuta a chiarirci, così come il fatto che abbiamo rimandato la nostra manifestazione di sabato per le ambiguità che poteva contenere. Anche se spiace che non ci sia la corrispondenza che pensavamo tra la nostra e quella che si è svolta in Israele.


Non è gradevole rimandare, ma credo che abbiamo colto un rischio importante, quello di cadere nel previsto, utile ed eterno tranello della guerra e del suo orrore : prendere parte, stare con una fazione invece che stare con la pace contro un uso distorto e mostruoso del potere, della forza, della violenza e della democrazia.
E allora credo dovremmo chiederci o almeno io mi chiedo perchè siamo, sono sempre a dover scegliere una delle parti in guerra? E mentre scelgo, so dentro di me che in quel modo contribuisco a continuare la spirale simbolica della guerra. Perchè prendendo le parti di una parte, mi metto contro l'altra ed entro anch'io nella loro guerra. Alimento nel mio piccolo, per senso di giustizia e per amore della pace, inevitabilmente, la continuità della guerra. E magari sto prendendo anche le difese del più debole e mi sento nel giusto nei confronti del più forte. Ma ugualmente so, dentro di me, che così non ci arriverò mai in fondo. E mi ci trovo dentro per aver scelto la pietà, la compassione, la condivisione del dolore e della violenza, assumendomela addosso. Come accadesse a me.
Ma forse l'assumo nel modo sbagliato. C'è qualcosa di sbagliato e di perverso in questo fare, che non mi appartiene, che mi infastidisce, ma che poi dimentico quando mi si presenta il conto degli orrori degli uni e degli altri, e mi sento spinta a non ascoltare la mia voce nascosta nel fondo e a stare con uno dei due contendenti perchè emerge una debolezza che ha bisogno di protezione e un potere profondamente arrogante. C'è una retorica consolidata della guerra che ti fa entrare in guerra senza saperlo.
Ho un bel dirmi che le e gli oppressi vanno difesi, ma mentre lo dico per linguaggio, per scelta di campo e di forma, vi entro guardandola da casa mia. E anch'io dico come i capi delle due fazioni : lo faccio per difendere la gente, i civili, le donne, i bambini...
Non metto in discussione la guerra come strumento, come invece dovrei, per avere una giustizia giusta. Non mi metto nelle condizioni di capire cosa serve per fermare la guerra e cosa serve per costruire la pace. Accetto la guerra, come forma d' espressione del governo del potere e vi entro dentro scegliendo - guidata dall'orrore - di alimentare la spirale a cui lo stesso orrore, costruito dalla guerra, mi porta e da cui, invece, vorrei fuggire. Perchè non voglio vedere morti violente e mi spaventa chi le procura - e quelle di guerra non sono meno illegittime di quelle rosa e di quelle bianche o di quelle di mafia - così reagisco scegliendo.
E in ogni guerra c'è una parte debole, in ogni guerra ci sono massacri e morte, in ogni guerra c'è chi vince e perde. E ogni guerra chiama a scegliere gli amanti della pace e della giustizia.
In ogni guerra c'è anche sempre qualcuno che gestisce il potere in entrambe le parti, ma questo non riesco a dirmelo fino in fondo. Troppo spesso il potere mi diventa invisibile e neutro e passa dietro il mio orrore per le stragi. E allora ci si accapiglia, tra chi vuole la pace, su chi è più vittima e meno carnefice per trovare la parte giusta in cui stare, elencando tutti i motivi che portano l'uno e l' altro dei contendenti a difendersi attaccando, con le armi che hanno a disposizione. Magari facendosele anche fornire da chi ha interesse a darle per perpetrare la guerra, tra qualche anno e qualche decennio, visto che continua da svariati anni e nasce, madre di tutte le ultime guerre, dalle scelte della fine della seconda guerra mondiale.
Sì, è il potere che sfugge ai nostri occhi, locale e globale. Il potere che rimanda sempre gli accordi della politica e li delega da sempre all'uso della forza. Anche quando non c'è particolare motivo di usarla così pesantemente per gestire delle elezioni personali e di partito in vista, in Israele e in Iran. Ma la crisi economica tollera e, forse vuole, anche questo. E assistiamo a un Sarkozy di destra che condanna Israele e a una donna di centro-sinistra come la Merkel che sta con Israele. E che dire di BaracK? E’ già finita la sua diversità da rifugiarsi dietro a : "C'è un presidente solo per volta", di fronte ad una guerra simbolo? Ha agito così da solo Bush? E noi e io allora cosa faccio? Prendo parte come ci impone la sofferenza atroce della guerra o cerco di rendere nudo il re, cerco di svelare il potere che tutto macina, me e noi compresi?
Sì, per me è il potere che va svelato nei suoi rituali da vittime e carnefici e in particolare chi lo incarna. E sono uomini, in carne ed ossa pieni di debolezze e di vigliaccherie, che credono di potersi nascondere dietro la democrazia di una scrivania e da lì decidere impunemente la sorte di decine di milioni di persone. Uomini abituati ad andare a braccetto con la violenza nelle cose quotidiane : quando si tratta di violentare o molestare una donna, Olmert insegna, e quando si tratta di far scoppiare una guerra. E' un pensiero che è in crisi, un pensiero unico che confonde politica con potere personale in diverse parti del globo e che non sa quasi mai fare quello che invece promette nelle elezioni : la politica.
Allora è questo pensiero da mettere in discussione e rendere democratico, anche quando per continuare ad esistere cambia faccia e assume le sembianze di donna. E' un pensiero che è nato regolandosi solo sul potere della forza e che in millenni non è mai riuscito a prenderne le distanze. Rivoluzionando il suo fare politica, proteggendo la vita con l'uso delle relazioni, come quasi sempre fanno le donne per tenerla in piedi, e non con le armi della morte. Non c'è nessun tipo di abilità in questo pensiero mortifero ma solo la denuncia di una grande impotenza come uomini della politica del potere. E' questa impotenza la molla di questo pensiero disumano? E' questa impotenza da nascondere con la guerra? Il potere tanto bramato si prende la sua rivincita svelando la sua im-potenza nel difendere la vita con la politica, da cui discende il potere personale. Con una grande amica a cui dicevo queste cose alcuni giorni fa, mi rispondeva : "Ma io non posso non prendere parte, quello che accade è troppo e non mi basta dire che il potere della forza è maschile, devo stare dalla parte di chi soffre". Le ho risposto : "Ci chiedono anche questo. Ci chiedono come donne, che si sono fatte attraversare il corpo dalla vita, di rinunciare a capire, a partire dalla sapienza del nostro corpo, da dove sappiamo nascere la violenza e il suo abuso. Facendocela immaginare come piccola cosa questo voler svelare la pochezza degli uomini che ci governano, di fronte a dilemmi molto più grandi di una relazione sbagliata tra i sessi. La guerra degli uomini di potere lo contempla e vuole la nostra rinuncia a capire da donne quel che accade, e noi ci rinunciamo?
Clelia Mori


Continua...

domenica 4 gennaio 2009

Tre mail "reggiane" su Gaza: 1. quella di Valda Busani, Luisa Costi, Letizia Valli delle Donne in nero

Lettera aperta
al Sindaco Graziano Del Rio
e all’Assessore provinciale Marcello Stecco


Eravamo ieri alla manifestazione di solidarietà con la popolazione di Gaza.
Abbiamo visto due – sottolineiamo due – persone bruciare la bandiera
israeliana.
Una parte dei presenti, purtroppo, ha approvato quel gesto, ma in tanti hanno
fischiato e gridato NO, e noi tra questi/e. E’ un gesto che condanniamo, che
non ci appartiene.
Subito dopo dal palco anche gli organizzatori, compreso l’imam, hanno
condannato l’accaduto, come riportato oggi anche dalla stampa locale.


Leggiamo le vostre dichiarazioni: “è un atto violento…azioni di questo genere
allontanano il dialogo e la riconciliazione”, “condanna del grave gesto” e
richiesta “agli organizzatori della manifestazione di prendere le distanze”.
Lo hanno già fatto, in tempo reale, senza attendere i vostri inviti.
Le vostre parole si uniscono ai cori indignati che si sono puntualmente
levati nel Paese di fronte a gesti simili compiuti ieri in altre città.
Vorremmo avere udito e letto da parte vostra, in questi giorni, in queste ore
– e se ci sono sfuggite vi chiediamo scusa in anticipo – parole altrettanto
sdegnate e nette e tempestive di fronte all’ennesimo massacro di civili
palestinesi.
Vogliamo invitarvi a riflettere, insieme a noi. A guardare la luna e non il
dito che la indica.
Quella bandiera bruciata ci parla di rabbia, frustrazione, dolore, senso di
impotenza, davanti all’ennesimo massacro di civili palestinesi innocenti, nel
silenzio complice di tanti e nella paralisi della comunità internazionale.
Ci parla di rabbia e dolore maturati vedendo immagini strazianti che i nostri
media non mostrano, ma che sono visibili a chiunque, e non solo sui media
arabi, ma sulla BBC o sulla CNN ad esempio, per chi vuole vederle. E i
nostri/e
concittadini/e arabi/e quelle immagini le guardano.
Ci parla di un senso di solitudine e di isolamento, della consapevolezza che
i propri morti, i corpi straziati di Gaza o di Baghdad o di Kabul non contano
quanto quelli delle Twin Towers o di Tel Aviv, agli occhi di un occidente che
da sempre ha una doppia tragica contabilità, una doppia etica, due pesi e due
misure.
Se non comprendiamo questo, se non dialoghiamo con questa rabbia e questo
dolore, per quanto sia difficile farlo, continueremo ad annegare nell’ipocrisia
che grida allo scandalo per una bandiera – purtroppo – bruciata e tace di
fronte ai corpi bruciati di uomini, donne e bambini.
Questo produce una frattura drammatica e pericolosa, che alimenta lo “scontro
di civiltà” che qualcuno lucidamente ricerca, da diversi fronti. Noi cerchiamo
di esserne consapevoli. E voi?
Eravamo ieri alla manifestazione perché pensiamo che fermare il massacro di
Gaza e lottare per una “pace giusta” in medio oriente, non sia un problema
degli “islamici” ma di tutti noi.
Come l’apartheid non era/non è un problema dei “neri” ma di tutti noi.
Pensiamo sia sbagliato e pericoloso lasciare la protesta solo agli "arabi”
che vivono fra noi.
Abbiamo detto dal palco, davanti ad una piazza a cui non era facile dirlo, la
nostra condanna per l’attacco israeliano e la nostra condanna per i missili di
Hamas e gli attentati suicidi.
Siamo contro la guerra, chiunque la pratichi; pensiamo non possa mai, in
nessuna circostanza, essere giusta o “umanitaria” o giustificata. La guerra
porta solo altra guerra. e non conta il numero delle vittime, anche se l’atroce
sproporzione di questi giorni è sotto gli occhi di tutti.
A quella piazza abbiamo detto anche il nostro disagio per un corteo scandito
quasi solamente da slogans in lingua araba, da invocazioni religiose, da “Allah
Akbar”. Per un linguaggio che sentivamo come escludente e non coinvolgente
verso il resto della città.
Abbiamo parlato, a quella piazza, del valore per noi irrinunciabile della
laicità, una laicità che sappia accogliere tutti e non escludere nessuno, e lo
abbiamo detto parlando a fianco dell’imam.
Sarebbe stato un altro corteo, un’altra manifestazione, se ci fossero stati
anche i reggiani, tanti reggiani.
Se ci fossero state le istituzioni che voi rappresentate, a condividere la
fatica di un dialogo scomodo, a “sporcarsi le mani”, a dire no ai massacri
chiunque li compia, con la stessa fermezza con cui si dice no ad una bandiera
bruciata.
Abbiamo l’impressione che abbiate scelto la distanza comoda e saccente.
Come l’hanno scelta, purtroppo, altri soggetti della società civile
reggiana.
Vi chiediamo di aprire un confronto su questi temi, con i promotori della
manifestazione di ieri, con tutti/e coloro che erano in piazza, e anche con chi
non c’era.
Vi chiediamo di promuovere un’iniziativa di dialogo in città, prima che si
alzino muri troppo alti per continuare a parlarsi.
Vi chiediamo anche di assumere un’iniziativa di solidarietà con la
popolazione civile di Gaza sotto assedio e sotto il fuoco armato. Lo chiede l’
ONU, lo chiedono tante o.n.g., lo chiedono le nostre coscienze.
Facciamo nostre le parole dei pacifisti israeliani che manifestavano ieri a
Tel Aviv: “Vuoi fermare Hamas? Porta a Gaza la speranza non la guerra!”

Valda Busani, Luisa Costi, Letizia Valli,
delle Donne in Nero

Continua...

Tre mail "reggiane" su Gaza: 3. quella di Renzo Bonazzi (già sindaco della città di Reggio Emilia)

Reggio Emilia 4-1-2008
Ero presente anch’io in piazza Prampolini sabato ed ho partecipato alla manifestazione della comunità araba reggiana per chiedere la cessazione dell’intervento israeliano nella striscia di Gaza.
Non ne ho condiviso alcuni aspetti: anzitutto il gesto di bruciare una bandiera d’Israele (condannato subito dagli stessi promotori dell’iniziativa) e la non dichiarata ma, implicita in molti slogan, intolleranza nei confronti della stessa esistenza dello stato di Israele.

Tuttavia, nel complesso la manifestazione ha espresso la rivendicazione di una soluzione pacifica dell’incancrenito conflitto israelo-palestinese; la ripulsa dell’uso della violenza bellica per risolverlo; un appello ai paesi che, approvando il 29 novembre 1947 la risoluzione dell’ONU per la istituzione in Palestina due stati indipendenti, hanno promosso una situazione che da più di sessant’anni insanguina quella regione, perché esercitino la loro influenza per fermare la violenza e realizzare quel progetto.
Certamente, la presenza esclusiva di arabi ed islamici (salvo pochissimi altri) ha caricato la manifestazione di un intenso risentimento, di un rancore che, sono convinto, una maggiore presenza di reggiani avrebbe attenuato e corretto..
Il silenzio delle forze politiche, sociali e religiose, i cauti commenti di alcuni sono, a mio parere, un indice preoccupante di insensibilità politica e sociale, e, non per ultimo, umana.
Anche queste occasioni sono un banco di prova del processo di integrazione.
Renzo Bonazzi

Continua...

Tre mail "reggiane" su Gaza: 2. quella di Carmen Marini

Anch’io ieri ho partecipato al corteo di Reggio per la pace in Palestina. Davanti a quella folla che chiedeva pace ho avuto qualche sussulto, ho percepito ancora l’idea di voler essere dalla parte giusta pensando che non sarei mai andata ad una manifestazione organizzata da Israele. Ho condiviso la loro indignazione, certo non tutti gli slogan, in nome della laicità che non è mai da perdere di vista. Il gesto isolato della bandiera bruciata, ripetuto ormai come rituale in altre città, e per altre guerre, è stato subito condannato.

Ora mi sento di dover fare un passo indietro, per uscire dalla “trappola” della guerra giusta, di cambiare registro di ragionamento, nonostante i momenti terribili che stanno vivendo donne bambini e uomini.

La storia dell’umanità è già abbastanza piena di “morti/e necessari/e”, non sono forse piene di “morti necessari” le guerre sante agite per portare la parola di un dio a chi aveva altri dei, ad ogni latitudine del mondo ? Non sono forse piene di “morti necessari” le guerre coloniali e imperialistiche di un popolo sull’altro per sfruttare e rubare le ricchezze?
Per giustificare tutto questo abbiamo/hanno coniato delle bellissime parole come: guerre sante, guerre giuste, guerra di resistenza, bombe intelligenti, attacchi chirurgici, legittima difesa… e dall’altra parte, dalla parte di chi non è così del tutto convinto che la guerra sia la soluzione dei conflitti, timidamente detti pacifisti, ma con qualche riserva: pacifisti realisti o pacifisti moderati…e via dicendo.

Sembra che per “dare la vita” ad alcuni, la si debba matematicamente togliere ad altri.

Ebbene questa storia non mi appartiene, l’ho subita e la subisco come chi, muore sotto le bombe. Non è un caso che nel mondo ci sono tanti movimenti di donne pacifiste, la violenza non ci appartiene

Non riesco ad immaginare un summit dove si decide un intervento armato, composto da donne o con donne favorevoli. E anche qui, per favore evitiamo il solito elenco di quelle due o tre donne al mondo che, seguendo tracciati maschili, da maschi si comportano. Questo semplicemente perché la storia delle donne è diversa dalla storia degli uomini, allora perché non cercare di “ vedere con altri occhi” possibili altre strategie, è forse troppo tardi e forse impossibile cambiare le nostre vite? La “parola e il dialogo” invece dell’ ”azione violenta”, non sarà mai possibile?
Le donne sono abituate a “dare la vita” senza chiedere nulla in cambio.
Perché, ancora non è venuto il momento di aprire il pensiero unico, e far parlare i due pensieri: donne e uomini, insieme?

E ora di uscire dalla logica di “guerra giusta /guerra sbagliata”.
La storia ci racconta che ogni volta, sbagliata o giusta, sempre guerra è, sempre strazio, morti, e sofferenze per tutti. Non ci dobbiamo accontentare e fare affascinare dalla guerra “giusta”.








La guerra deve diventare un tabù della nostra vita.
I nostri ideali schierati ora con gli uni, ora con gli altri non ci porteranno a nulla di nuovo. Così facendo non ci rendiamo conto di essere consoni e funzionali alla macchina della guerra. La guerra di questo ha bisogno: di gente che si schieri ora con gli uni ora con gli altri, di questo si nutre, il potere di questo vive.

Uscire dalla logica del “potere del predominio” non sarà facile, ma come gli uomini si stanno interrogando sul perché di tanta violenza alle donne, si devono anche interrogare del perché, l’uso della violenza è così “dentro” il loro agire”.
In questi giorni di crisi economica, qualcuno, azzarda dire che il sistema capitalistico non regge più. Per chi soffre la povertà, è da tempo che questo sistema non reggeva, ora che anche chi questo sistema lo voleva, viene lievemente danneggiato, allora c’è allarme. E’ dentro quel sistema senza giustizia, che il seme della violenza prolifica. L’uso del potere richiede prevaricazione, l’uso della forza e prepotenza amorale.

Non sono i confini di uno stato che devono essere messi in discussione, Dopo un conflitto ne viene un altro e un altro ancora, se non si scardina alla base il pensiero delle logiche di potere e soprafazione degli uni sugli altri. Ora che quei tre quarti di mondo sfruttato, si sta mettendo in moto, temo ancora nuovi e gravi conflitti.

Non sono i racconti dei morti straziati a mettere fine alle sofferenze degli uni a discapito delle sofferenze degli altri, a costruire la pace.

E’ ora di dire basta alle morti “necessarie”.
E ancora il caso di dire: per favore, non in mio nome

Carmen Marini




Continua...

Vuoi fermare Hamas? porta a Gaza la speranza, non la guerra!!

Israel's left-wing residents gather to add their voice against the assault on Gaza [AFP]
L'ala sinistra dei residenti israeliani manifesta per aggiungere la propria voce contro l'assalto a Gaza (AFP)

La foto qui sopra, così come l'articolo qui sotto, si riferiscono alla manifestazione tenutasi ieri a Gerusalemme, sostenuta da Gush Shalom, Hadash party e Coalition of Women for Peace, e sono tratti dall'articolo di al Aljazeera.net (in inglese) di oggi 4.1.09
-------------
" Amid cries of "Jews and Arabs refuse to be enemies!" and banners reading, "Enough!" thousands of Israelis took to the streets of Tel Aviv on Saturday night to protest against the country's war on Gaza.
Protesters called for an immediate end to the Israeli attacks, in which more than 450 Palestinians have been killed and around 2,100 injured since air assaults on Gaza began last Saturday.
Organisers, a coalition of groups such as Gush Shalom, the Hadash party and the Coalition of Women for Peace, were encouraged by the turnout."

"We have experience from the last war, in Lebanon, and this time the public outcry is much quicker and much bigger," said veteran Gush Shalom campaigner Uri Avnery.
"It is a cynical war, for political reasons and people are very much aware of that."
Palestinian-Israelis who demonstrated alongside Jewish co-nationalists waved the Palestinian flag, as police attempt to ban such a practice before the protest was overruled by the Israeli high court.
Earlier on Saturday, about 10,000 demonstrators, predominantly Palestinian-Israelis, protested in the northern Galilee village of Sakhnin.
Many of the demonstrators expressed a desire show another side of the Israeli equation amid overwhelming public support for the current attacks.
"There are people who think differently," said 24-year-old Iya Michlin, from Tel Aviv.
"It is important that the world, and especially the Arab world, sees that."
Others were clear in their requirements from the Israeli government.
"I want them to start talking," said Raquel Mendelson, 65, from the central Israeli town, Rehovot.
"You can't continue to believe that you can fight attacks with more attacks. It's time to talk, not to die - not here and not there."
Balance sought
Some demonstrators were critical of the Hamas government in Gaza, but argued for a sense of balance.
"It is pathetic that Hamas provoked Israel," said Ada Bilu, 46, from Jerusalem.
"But there is no proportion and no equality in the power relations, of what Israelis can do and what Palestinians can do. Gaza is a terrible place to live and Israel has a lot more responsibility for that than it would like to take."
A group of counter-demonstrators also attended the event and were cordoned off from the main demonstrations by police on numerous occasions.
The event sporadically turned into a contest of slogans, as counter-demonstrators shouted "Shame on you!" and "Let the Israeli army win!" while anti-war protesters responding with "The army is a terror organisation!" and "Children in Gaza and in Sderot want to live!"
Such demonstrations by the Israeli left-wing are typically dismissed as unrepresentative within Israeli society. According to a poll commissioned by Haaretz newspaper days ago, 53 per cent of Israelis believe that the air force should continue its assaults on Gaza, and only 19 per cent thought the government should negotiate a ceasefire as soon as possible.
The poll also showed low support – 19 per cent – for a ground invasion of Gaza.
Analysts suggest that this figure reflects public sentiment about the defence forces, which are more at risk in ground attacks.
"The value of a soldier’s life is perceived as worth more than a civilian," says professor Tamara Hermann, co-author of a monthly peace poll monitoring Israeli public opinion.
"There is an understanding in the public discourse that Israeli soldiers are all our children – that is why they are so dear to us."
But it is concern over residents in southern Israel, 700,000 of whom are now within range of rocket attacks from Gaza, that has kept some left-wing groups silent over the current Israeli assaults on the strip.
"There is a lot of solidarity and empathy with the people in Gaza and all the talk is of Israeli action being disproportionate," says Yael Patir, Israeli co-ordinator of the Peace NGO forum, a Palestinian-Israeli affiliation group established to campaign against the current war.
"But there have been internal arguments inside our camp, because some say that, if Qassams [rockets] are falling on residents in the south, we can’t claim that Israel shouldn’t attack Hamas at any price.
Israelis don't want to see other Israelis bombarded by Hamas and this is causing a serious dilemma."

Continua...

venerdì 2 gennaio 2009

L’appello di GUSH SHALOM: - Sia tolto ORA l'assedio a Gaza!!!:

(GUSH SHALOM è un'associazione pacifista israeliana)
Le uccisioni a Gaza continuano. Centinaia sono state/i uccise/i, migliaia ferite/i, i bombardamenti aerei hanno causato profonde devastazioni e intere famiglie sono senza casa.
I civili nel sud di Israele sono tenuti in ostaggio da un governo che mente verso di loro e che abusa di loro. Distruzione e morte a Gaza non assicurano il loro futuro, ma portano piuttosto a più violenza e uccisioni. Unitevi a noi nella protesta il prossimo sabato, 3.1.2009 a Tel Aviv. Insieme chiederemo Basta con il massacro! No all'assedio! Sì alla vita per entrambi i popoli
In questi giorni cupi, manteniamo fermo il nostro messaggio: Ebrei e Arabi rifiutano di essere nemici --- La nostra richiesta: una vera tregua e che sia tolto ORA l'assedio a Gaza!

STOP THE KILLING! NO TO THE SIEGE! YES TO LIFEFOR BOTH PEOPLES!
The killing in Gaza continues. Hundreds have been killed, thousands injured, air-strikes have caused utter devastation and entire families are left homeless.
Civilians in the south of Israel are being held captive by a government which lies to them and abuses them. Destruction and death in Gaza will not ensure their future, but rather lead to more violence and killings.


Continua...

giovedì 1 gennaio 2009

FERMATEVI SUBITO, FERMIAMOCI TUTTI!

documento che arriva da Gaza, diffuso da Pax Christi
Quello in corso a Gaza è un massacro, non un bombardamento, è un crimine di guerra e ancora una volta nessuno lo dice". P. Manauel Musallam, parroco a Gaza, 27 dicembre 2008.

Un inferno di orrore, morte e distruzione, di lutti, dolore e odio si sta abbattendo in queste ore sulla Striscia di Gaza e sul territorio israeliano adiacente.
A voi, capi politici e militari israeliani,chiediamo di considerare che insieme ai ‘miliziani’ di Hamas state colpendo, uccidendo e ferendo centinaia di civili palestinesi. Non potete non averlo calcolato. Non potete non sapere che a Gaza non esistono obiettivi da mirare chirurgicamente.

Non potete non aver messo in conto che da troppo tempo è la popolazione di Gaza a vivere sotto embargo, senza corrente elettrica, senza cibo, senza medicine, senza possibilità di fuga. Le vostre crudeli operazioni di guerra compiono opera di morte su donne, bambini e uomini che non possono scappare né curarsi e sopravvivere, essendo strapieni gli ospedali e vuoti i forni del pane. Ascoltate i vostri stessi concittadini che operano nelle organizzazioni israeliane per la pace: “Siamo responsabili della disperazione di un popolo sotto assedio. Hamas da settimane aveva dichiarato che sarebbe stato possibile ripristinare la tregua a condizione che Israele riaprisse le frontiere e permettesse agli aiuti umanitari di entrare. Il governo d'Israele ha scelto consapevolmente di ignorare le dichiarazioni di Hamas e ha cinicamente scelto, per fini elettorali, la strada della guerra”.
FERMATEVI SUBITO!
A voi, capi di Hamas,
chiediamo di considerare che i vostri razzi artigianali lanciati verso le cittadine israeliane poste sul confine, sono strumenti ulteriori di distruzione e, per fortuna raramente, di morte, e creano inutilmente paura e tensione tra i civili. Sono una assurda e folle reazione all'oppressione subita, che si presta come alibi per un’aggressione illegale. Se foste più potenti, capi di Hamas, vorreste forse raggiungere i livelli di distruzione dei vostri nemici? E non essendolo, a che scopo creare panico, odio e desiderio di vendetta nei civili israeliani che vivono a fianco alla vostra terra? Quali strategie di desolazione, disumane e inefficaci, state perseguendo?
FERMATEVI SUBITO!
E noi donne e uomini che apparteniamo alla ‘società civile’,
FERMIAMOCI TUTTI!
Sostiamo almeno un minuto accanto a tutti i civili che soffrono. Alle centinaia di ammazzati palestinesi, che per noi non avranno mai nome e volto, come alla vittima israeliana. Alle centinaia di feriti palestinesi e ai fortunatamente pochi feriti israeliani. A chi ha perso la casa. A chi non può curarsi.
E poi, tutti insieme, alziamo la voce: non è questa la strada che porterà Israele a vivere in pace e sicurezza. Non è questa la strada che porterà i palestinesi a vivere con dignità in uno Stato senza più occupazione militare, libero e sovrano.
I media italiani in questi giorni hanno purtroppo mascherato una folle e premeditata aggressione -e soprattutto l'insopportabile contesto di un assedio da parte di Israele che per mesi ha ridotto alla fame un milione e mezzo di persone- scegliendo accuratamente alcuni termini ed evitandone altri.
La maggior parte dei quotidiani e telegiornali hanno affermato che “è stato Hamas a rompere la tregua”. Invece il 19 dicembre è semplicemente scaduta una tregua della durata concordata di sei mesi. L'accordo comprendeva: Il cessate-il-fuoco, la sua estensione nel giro di qualche mese alla Cisgiordania e la fine del blocco di Gaza. Questi impegni non sono stati rispettati da Israele (25 palestinesi uccisi solo dalla firma dell'accordo) e quindi Hamas non l'ha rinnovato. Ancor più precisamente, già ai primi di novembre, Israele aveva rotto la tregua con una serie di attacchi a Gaza uccidendo altri 6 palestinesi.
Aiutiamoci allora a valutare criticamente le analisi spesso falsate dei media per dare maggior forza ad altre voci diventate grida: Solo poche ore fa, proprio a Gaza, il Patriarca di Gerusalemme celebrava la Messa di Natale riprendendo il suo Messaggio natalizio:“Siamo stanchi. La pace è un diritto per tutti. Siamo in apprensione per l'ingiusta chiusura imposta a Gaza e a centinaia di migliaia di innocenti. Siamo riconoscenti a tutti gli uomini di buona volontà che non risparmiano sforzi per spezzare questo blocco.”
La strada intrapresa invece, lastricata di sangue e macerie, condurrà la gente qualsiasi al macello. E i suoi capi alla sconfitta. In primo luogo alla sconfitta umana.

Continua...

Questo è il blog di Reggio Fahrenheit

- se vuoi iscriverti alla nostra mailing list: invia una mail a fahre@email.it indicando il tuo nome e cognome