venerdì 29 maggio 2009

Berlusconi e la miopia dell’opposizione

di Annamaria Rivera, apparso su: “Liberazione”, 29 maggio 2009, p. 1
“Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo sprangare il Parlamento…”. C’è una certa assonanza di stile, forse anche d’intenti, fra il personaggio mediocre che condusse l’Italia nel baratro e l’ometto tronfio, arrogante e incolto, specialista in barzellette qualunquiste e in battute machiste, corruttore di minorenni e non solo, che oggi promette di stanare e schiacciare i “grumi eversivi tra le toghe”.

E’ solo l’ultima delle tante smargiassate, allarmante anche perché arriva subito dopo quella sul povero “premier” che non ha nessun potere e sul Parlamento da ridimensionare con una legge d’iniziativa popolare. Continuare a minimizzare, perfino a sinistra, mentre la stampa estera è sempre più allarmata, anche questo è un sintomo della deriva italiana. Trastullarsi come se niente fosse, a sinistra e al centro, con frasi fatte, vecchie liturgie, giochi di potere mediocri, pensando che la cosa più importante sia perpetuarsi come ceti politici; non riuscire a stringere un’alleanza “tattica” (come si sarebbe detto un tempo) neppure per fronteggiare il rischio palese dell’eversione della democrazia: anche questi sono segni dello stato miserevole in cui versa il Paese. D’altronde, se il berlusconismo ha potuto allignare e infine imporsi -certo grazie al controllo di gangli decisivi del potere economico e mediatico, ma anche grazie alla sintonia sentimentale con il ventre qualunquista e fascistoide del paese- è perché poco si è fatto per sbarrargli la strada tramite l’iniziativa legislativa e ancora meno per contrastarne l’egemonia culturale. Un segno di grave miopia politica è stata, continua ad essere, la sottovalutazione del ruolo decisivo che in ogni svolta populistica e autoritaria giocano il discorso e le politiche sicuritarie e razziste, la strategia del capro espiatorio. Aver compiaciuto e rilanciato retorica e pratiche sicuritarie quando si era al governo, continuare oggi a non comprendere la centralità strategica della lotta contro il razzismo istituzionale e per i diritti dei migranti e delle minoranze, aver loro negato un posto centrale nelle liste e nei programmi elettorali: anche questi sono errori che si pagano con l’arroganza eversiva di chi svillaneggia l’“aula sorda e grigia” e il potere giudiziario. L’abbiamo scritto più volte: se il potere berlusconiano – con la sua cultura e pedagogia di massa- si è diffuso e radicato è perché ha saputo interpretare e far emergere una delle tendenze che caratterizzano nel profondo la storia nazionale, la biografia del Paese, il suo immaginario collettivo: cioè quell’insieme d’individualismo, cinismo, debolezza del senso civico, disprezzo dei principi e delle regole, assenza di rigore etico e intellettuale, sul quale hanno scritto tante penne insigni. Non è l’unica tendenza, benché oggi appaia predominante. Per sollecitare l’altra, ora che siamo spinti verso l’orlo del baratro, occorrerebbe un sussulto di coerenza, di rigore, di coraggio politici. Occorrerebbe, insomma, proporsi e agire da opposizione.

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giovedì 28 maggio 2009

Noemi, quattro cose ovvie

di Beppe Severgnini
(da “Italians" del 28 Maggio 2009, in: il corriere.it: http://www.corriere.it/solferino/Severgnini
Un pesce rosso convinto d'essere un cardinale, gli economisti che ammettono di non averci capito niente, la politica fuori dalla nomine Rai, José Mourinho che lavora gratis. Sono molte le notizie surreali che avrebbero potuto colorare questa torrida primavera, ma è toccato a una ragazzina e ai suoi bizzarri rapporti col presidente del Consiglio.

Bizzarri: ecco la parola. Potete essere di destra o di sinistra, atei e cattolici, giovani o meno giovani, ma sarete d'accordo: se uno sceneggiatore avesse scritto un film con quella trama, gli avrebbero detto "Ragazzo, hai bevuto?". Invece è accaduto. Noemi, le feste, il papi, i genitori, le smentite, i fidanzati che compaiono e scompaiono. I marziani guardano giù dicendo: "E quelli strani saremmo noi?". Quattro punti ovvii, per ridurre i litigi e provare a ragionare. Il primo: la frequentazione tra un settantenne e una diciassettenne - al di là del ruolo di lui - è insolita. La famiglia Letizia non sembra stupita, decine di milioni d'italiani sì. Una spiegazione plausibile ancora non l'hanno avuta. Se tanti lavorano di fantasia, a Palazzo Chigi non possono stupirsi. Ovvietà numero due. Alcune affermazioni del protagonista sono state smentite. "L'ho sempre vista coi genitori": poi Noemi - ma cosa s'è fatta? era così carina! - salta fuori alla festa del Milan, sbuca al galà della moda, compare in Sardegna. Per cose del genere, nelle altre democrazie, i potenti saltano come tappi di spumante. Noi siamo più elastici - succubi, rassegnati, distratti, disinformati: scegliete voi l'aggettivo - ma un leader politico, perfino qui, dev'essere credibile. Ovvietà numero tre. Le abitudini e le frequentazioni di Silvio B. riguardano solo Veronica L. (che peraltro s'è già espressa con vigore sul tema)? Be', fino a un certo punto. Il Presidente del Consiglio guida una coalizione di governo che organizza il Family Day, mica il Toga Party o il concorso Miss Maglietta Bagnata. Michele Brambilla - vicedirettore del "Giornale", bravo collega e uomo perbene - spiega che, per il mondo cattolico, contano le azioni politiche, non i comportamenti coerenti. Io dico: mah! Ovvietà numero quattro. L'opposizione, in tutte le democrazie, cerca i punti deboli dell'avversario, soprattutto alla vigilia delle elezioni. Dov'è lo scandalo, qual è la novità? Se Piersilvio s'indigna, non ha idea di cosa avrebbe passato suo padre in America, in Germania o in Gran Bretagna (dov'è inconcepibile che i capi di governo possiedano televisioni). Non solo in questi giorni: negli ultimi quindici anni. Bene: quattro cose ovvie, in attesa di sviluppi. Intanto s'è insediato quietamente il governo Letta. Qualcuno che coordini ci vuole. C'è da lavorare, e il Capo è altrove.

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domenica 24 maggio 2009

"Così papi Berlusconi entrò nella vita di Noemi"

L'INCHIESTA. Parla Gino, l'ex fidanzato della ragazza di PorticiLa prima telefonata del Cavaliere: "Sono colpito dal tuo viso angelico"
di GIUSEPPE D'AVANZO e CONCHITA SANNINO, da Repubblica on line: http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-2/parla-gino/parla-gino.html
NAPOLI - Il 14 maggio Repubblica ha rivolto al presidente del consiglio dieci domande che apparivano necessarie dinanzi alle incoerenze di un "caso politico". Veronica Lario, infatti, ha proposto all'opinione pubblica e alle élites dirigenti del Paese due affermazioni e una domanda che hanno rimosso dal discreto perimetro privato un "affare di famiglia" per farne "affare pubblico". Le due, allarmanti certezze della moglie del premier - lo ricordiamo - descrivono i comportamenti del presidente del Consiglio: "Mio marito frequenta minorenni"; "Mio marito non sta bene".

Al contrario, la domanda posta dalla signora Lario - se ne può convenire - è crudamente politica e mostra le pratiche del "potere" di Silvio Berlusconi, pericolosamente degradate quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate "veline" senza altro merito che un bell'aspetto e l'amicizia con il premier, legami nati non si sa quando, non si sa come. "Ciarpame politico" dice la moglie del premier. Silvio Berlusconi non ha ritenuto di rispondere ad alcuna delle domande di Repubblica. E, dopo dieci giorni, Repubblica prova qui a offrire qualche traccia e testimonianza per risolvere almeno alcuni dei quesiti proposti. Per farlo bisogna raggiungere Napoli, una piccola fabbrica di corso San Giovanni e poi un appartamento, allegramente affollato di amici, nel popolare quartiere del Vasto a ridosso dei grattacieli del Centro Direzionale. Sono i luoghi di vita e di lavoro di Gino Flaminio.
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Gino, 22 anni, operaio, una passione per la kickboxing, è stato per sedici mesi (dal 28 agosto del 2007 al 10 gennaio del 2009) l'"amore" di Noemi Letizia, la minorenne di cui il premier ha voluto festeggiare il diciottesimo anno in un ristorante di Casoria, il 26 aprile. Gino e Noemi si sono divisi, per quel breve, intenso, felice periodo le ore, i sogni, il fiato, le promesse. "Quando non dormivo da lei a Portici - è capitato una ventina di volte - o quando lei non dormiva qui da me, il sabato che non lavoravo mi tiravo su alle sei del mattino per portarle la colazione a letto; poi l'accompagnavo a scuola e ci tornavo poi per riportarla indietro con la mia Yamaha. Lei qualche volta veniva a prendermi in fabbrica, la sera, quando poteva". Gino Flaminio è in grado di dire quando e come Silvio Berlusconi è entrato nella vita di Noemi. Come quel "miracolo" (così Gino definisce l'inatteso irrompere del premier) ha cambiato - di Noemi - la vita, i desideri, le ambizioni e più tangibilmente anche il corpo, il volto, le labbra, gli zigomi; in una parola, dice Gino, "i valori". Il ragazzo può raccontare come quell'ospite inaspettato dal nome così importante che faceva paura anche soltanto a pronunciarlo nel piccolo mondo di gente che duramente si fatica la giornata e un piatto caldo, ha deviato anche la sua di vita. Quieto come chi si è ormai pacificato con quanto è avvenuto, Gino ricorda: "Mi è stato quasi subito chiaro che tra me e la mia memi non poteva andare avanti. Era come pretendere che Britney Spears stesse con il macellaio giù all'angolo...". È utile ricordare, a questo punto, che il primo degli enigmi del "caso politico" è proprio questo: come Berlusconi ha conosciuto Noemi, la sua famiglia, il padre Benedetto "Elio" Letizia, la madre Anna Palumbo? A Berlusconi è capitato di essere inequivocabile con la Stampa (4 maggio): "Io sono amico del padre, punto e basta. Lo giuro!". Con France2 (6 maggio), il capo del governo è stato ancora più definitivo. Ricordando l'antica amicizia di natura politica con il padre Elio, Berlusconi chiarisce: "Ho avuto l'occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori. Questo è tutto". Un affetto che il presidente del consiglio ha ripetuto ancor più recentemente quando ha presentato Noemi "in società", per così dire, durante la cena che il governo ha offerto alle "grandi firme" del made in Italy a Villa Madama, il 19 novembre 2008: "È la figlia di miei cari amici di Napoli, è qui a Roma per uno stage" (Repubblica, 21 maggio). All'antico vincolo politico, accenna anche la madre di Noemi, Anna: "[Berlusconi] ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista". Berlusconi, qualche giorno dopo (e prima di essere smentito da Bobo Craxi), conferma. "[Elio] lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l'autista di Craxi". (Ansa, 29 aprile, ore 16,34). Più evasiva Noemi: "[Di come è nato il contatto familiare] non ricordo i particolari, queste cose ai miei genitori non le ho chieste". (Repubblica, 29 aprile). Decisamente inafferrabile e chiuso come un riccio, il padre Elio (ha rifiutato di prendere visione di quest'ultima ricostruzione di Repubblica). Chiedono a Letizia: ci spiega come ha conosciuto Berlusconi? "Non ho alcuna intenzione di farlo" (Oggi, 13 maggio). Gino ascolta questa noiosa tiritera con un sorriso storto sulle labbra, che non si sa se definire avvilito o sardonico. C'è un attimo di silenzio nella stanza al Vasto, un silenzio lungo, pesante come d'ovatta, rispettato dagli amici che gli stanno accanto; dalla sorella Arianna; dal padre Antonio; dalla madre Anna. È un silenzio che si fa opprimente in quella cucina, fino a un attimo prima rumorosa di risate e grida. La madre, Anna, si incarica di spezzarlo: "Quando un giorno Gino tornò a casa e mi disse che Noemi aveva conosciuto Berlusconi, lo presi in giro, non volli chiedergli nemmeno perché e per come. Mi sembrava ridicolo. Berlusconi dalle nostre parti? E che ci faceva, Berlusconi qui? Ripetevo a Gino: Berlusconi, Berlusconi! (gonfia le guance con sarcasmo). Un po' ne ridevo, mi sembrava una buffonata di ragazzi". Gino la guarda, l'ascolta paziente e finalmente si decide a raccontare: "I genitori di Noemi non c'entrano niente. Il legame era proprio con lei. È nato tra Berlusconi e Noemi. Mai Noemi mi ha detto che lui, papi Silvio parlava di politica con suo padre, Elio. Non mi risulta proprio. Mai, assolutamente. Vi dico come è cominciata questa storia e dovete sapere che almeno per l'inizio - perché poi quattro, cinque volte ho ascoltato anch'io le telefonate - vi dirò quel che mi ha raccontato Noemi. Il rapporto tra Noemi e il presidente comincia più o meno intorno all'ottobre 2008. Noemi mi ha raccontato di aver fatto alcune foto per un "book" di moda. Lo aveva consegnato a un'agenzia romana, importante - no, il nome non me lo ricordo - di quelle che fanno lavorare le modelle, le ballerine, insomma le agenzie a cui si devono rivolgere le ragazze che vogliono fare spettacolo. Noemi mi dice che, in quell'agenzia di Roma, va Emilio Fede e si porta via questi "book", mica soltanto quello di Noemi. Non lo so, forse gli servono per i casting delle meteorine. Il fatto è - ripeto, è quello che mi dice Noemi - che, proprio quel giorno, Emilio Fede è a pranzo o a cena - non me lo ricordo - da Berlusconi. Finisce che Fede dimentica quelle foto sul tavolo del presidente. È così che Berlusconi chiama Noemi. Quattro, cinque mesi dopo che il "book" era nelle mani dell'agenzia, dice Noemi. È stato un miracolo, dico sempre. Dunque, dice Noemi che Berlusconi la chiama al telefono. Proprio lui, direttamente. Nessuna segretaria. Nessun centralino. Lui, direttamente. Era pomeriggio, le cinque o le sei del pomeriggio, Noemi stava studiando. Berlusconi le dice che ha visto le foto; le dice che è stato colpito dal suo "viso angelico", dalla sua "purezza"; le dice che deve conservarsi così com'è, "pura". Questa fu la prima telefonata, io non c'ero e vi sto dicendo quel che poi mi riferì Noemi, ma le credo. Le cose andarono così perché in altre occasioni io c'ero e Noemi, così per gioco o per convincermi che davvero parlava con Berlusconi, m'allungava il cellulare all'orecchio e anch'io sentii dalla sua voce quella cosa della "purezza", della "faccia d'angelo". E poi, una volta, ha aggiunto un'altra cosa del tipo: "Sei una ragazza divina". Berlusconi, all'inizio, non ha detto a Noemi chi era. In quella prima telefonata, le ha fatto tante domande: quanti anni hai, cosa ti piacerebbe fare, che cosa fanno tua madre e tuo padre? Studi? Che scuola fai? Una lunga telefonata. Ma normale, tranquilla. E poi, quando Noemi si è decisa a chiedergli: "Scusi, ma con tutte queste domande, lei chi è?", lui prima le ha risposto: "Se te lo dico, non ci credi". E poi: "Ma non si sente chi sono?". Quando Noemi me lo raccontò, vi dico la verità, io non ci credevo. Poi, quando ho sentito le altre telefonate e ho potuto ascoltare la sua voce, proprio la sua, di Berlusconi, come potevo non crederci? Noemi mi diceva che era sempre il presidente a chiamarla. Poi, non so se chiamava anche di suo, non me lo diceva e io non lo so. Lei al telefono lo chiamava papi tranquillamente. Anche davanti a me. Magari stavamo insieme, Noemi rispondeva, diceva papi e io capivo che si trattava del presidente. Quando ho assistito ad alcune telefonate tra Berlusconi e Noemi, ho pensato che fosse un rapporto come tra padre e figlia. Una sera, Emilio Fede e Berlusconi - insieme - hanno chiamato Noemi. Lo so perché ero accanto a lei, in auto. Ora non saprei dire perché il presidente le ha passato Emilio Fede, non lo so. Pensai che Fede dovesse preparare dei "provini" per le meteorine, quelle robe lì". (Ieri, a tarda sera, durante Studio Aperto, Fede ha affermato di aver conosciuto la nonna di Noemi. Repubblica ha chiesto a Gino se, in qualche occasione, Noemi avesse fatto cenno a questa circostanza. "Mai, assolutamente", è stata la risposta del ragazzo). "Comunque, quella sera, sentii prima la voce del presidente e poi quella di Emilio Fede - continua Gino - Non voglio essere frainteso o creare confusione in questa tarantella, da cui voglio star lontano. Nelle telefonate che ho sentito io, Berlusconi aveva con Noemi un atteggiamento paterno. Le chiedeva come era andata a scuola, se studiava con impegno, questa roba qui. Io però ho cominciato a fuggire da questa situazione. Non mi piaceva. Non mi piaceva più tutto l'andazzo. Non vedevo più le cose alla luce del giorno, come piacevano a me. Mi sentivo il macellaio giù all'angolo che si era fidanzato con Britney Spears. Come potevo pensare di farcela? Gliel'ho detto a Noemi: questo mondo non mi piace, non credo che da quelle parti ci sia una grande pulizia o rispetto. Mi dispiaceva dirglielo perché io so che Noemi è una ragazza sana, ancora infantile che non si separa mai dal suo orsacchiotto, piccolo, blu, con una croce al collo, "il suo teddy". Una ragazza tranquilla, semplice, con dei valori. Con i miei stessi valori, almeno fino a un certo punto della nostra storia". Intorno a Gino, questo racconto devono averlo già sentito più d'una volta perché ora che il ragazzo ha deciso di raccontare a degli estranei la storia, la tensione è caduta come se la famiglia, i vicini di casa, gli amici già l'avessero sentita in altre occasioni o magari a spizzichi e bocconi. C'è chi si distrae, chi parlotta d'altro, chi parla al telefono, chi si prepara a uscire per il venerdì notte. Gino sembra non accorgersene. Non perde il filo e a tratti pare ricordare, ancora una volta, a se stesso come sono andate le cose. "Ho cominciato a distaccarmi da Noemi già a dicembre. Però la cosa che proprio non ho mandato giù è stata la lunga vacanza di Capodanno in Sardegna, nella villa di lui. Noemi me lo disse a dicembre che papi l'aveva invitata là. Mi disse: "Posso portare un'amica, un'amica qualunque, non gli importa. Ci saranno altre ragazze". E lei si è portata Roberta. E poi è rimasta con Roberta per tutto il periodo. Io le ho fatto capire che non mi faceva piacere, ma lei da quell'orecchio non ci sentiva. Così è partita verso il 26-27 dicembre ed è ritornata verso il 4-5 gennaio. Quando è tornata mi ha raccontato tante cose. Che Berlusconi l'aveva trattata bene, a lei e alle amiche. Hanno scherzato, hanno riso... C'erano tante ragazze. Tra trenta e quaranta. Le ragazze alloggiavano in questi bungalow che stavano nel parco. E nel bungalow di Noemi erano in quattro: oltre a lei e a Roberta, c'erano le "gemelline", ma voi sapete chi sono queste "gemelline"? Penso anche che lei mi abbia detto tante bugie. Lei dice che Berlusconi era stato con loro solo la notte di Capodanno. Vi dico la verità, io non ci credo. Sono successe cose troppo strane. Io chiamavo Noemi sul cellulare e non mi rispondeva mai. Provavo e riprovavo, poi alla fine mi arrendevo e chiamavo Roberta, la sua amica, e diventavo pazzo quando Roberta mi diceva: no, non te la posso passare, è di là - di là dove? - o sta mangiando: e allora?, dicevo io, ma non c'era risposta. Per quella vacanza di fine anno, i genitori accompagnarono Noemi a Roma. Noemi e Roberta si fermarono prima in una villa lì, come mi dissero poi, e fecero in tempo a vedere davanti a quella villa tanta gente - giornalisti, fotografi? - , poi le misero sull'aereo privato del presidente insieme alle altre ragazze, per quello che mi ha detto Noemi... Al ritorno, Noemi non è stata più la mia Noemi, la mia alicella (acciuga, ndr), la ragazza semplice che amavo, la ragazza che non si vergognava di venirmi a prendere alla sera al capannone. A gennaio ci siamo lasciati. Eravamo andati insieme, prima di Natale, a prenotare per la sua festa di compleanno il ristorante "Villa Santa Chiara" a Casoria, la "sala Miami" - lo avevo suggerito io - e già ci si aspettava una "sorpresa" di Berlusconi, ma nessuno credeva che la sorpresa fosse proprio lui, Berlusconi in carne e ossa. Ci siamo lasciati a gennaio e alla festa non ci sono andato. L'ho incontrata qualche altra volta, per riprendermi un oggetto di poco prezzo ma, per me, di gran valore che era rimasto nelle sue mani. Abbiamo avuto il tempo, un'altra volta, di avere un colloquio un po' brusco. Le ho restituito quasi tutte le lettere e le foto. Le ho restituito tutto - ho conservato poche cose, questa lettera che mi scrisse prima di Natale, qualche foto - perché non volevo che lei e la sua famiglia pensassero che, diventata Noemi Sophia Loren, io potessi sputtanarla. Oggi ho la mia vita, la mia Manuela, il mio lavoro, mille euro al mese e va bene così ché non mi manca niente. Certo, leggo di questo nuovo fidanzato di Noemi, come si chiama?, che non s'era mai visto da nessuna parte anche se dice di conoscerla da due anni e penso che Noemi stia dicendo un sacco di bugie. Quante bugie mi avrà detto sui viaggi. A me diceva che andava a Roma sempre con la madre. Per dire, per quella cena del 19 novembre 2008 a Villa Madama mi raccontò: "Siamo stati a cena con il presidente, io, papà e mamma allo stesso tavolo". Non c'erano i genitori seduti a quel tavolo? Allora mi ha detto un'altra balla. Quella sera le sono stati regalati una collana e un bracciale, ma non di grosso valore. E il presidente ha fatto un regalo anche a sua madre. Sento tante bugie, sì, e comunque sono fatti di Noemi, dei suoi genitori, di Berlusconi, io che c'entro?". Le parole di Gino Flaminio appaiono genuine, confortate dalle foto, dalla memoria degli amici (che hanno le immagini di Noemi e Gino sui loro computer), da qualche lettera, dai ricordi dei vicini e dei genitori, ma soprattutto dall'ostinazione con cui il ragazzo per settimane si è nascosto diventando una presenza invisibile nella vita di Noemi. Repubblica lo ha rintracciato con fatica, molta pazienza e tanta fortuna nella fabbrica di corso San Giovanni dove tutti i suoi compagni di lavoro conoscono Noemi, la storia dell'amore perduto di Gino. Compagni di lavoro che - fino alla fine - hanno provato a proteggerlo: "Gino? E chi è 'sto Gino Flaminio?" e Gino se ne stava nascosto dietro un muro. La testimonianza del ragazzo consente di liquidare almeno cinque domande dalla lista di dieci che abbiamo proposto al capo del governo. La ricostruzione di Gino permette di giungere a un primo esito: Silvio Berlusconi ha mentito all'opinione pubblica in ogni passaggio delle sue interviste. Nei giorni scorsi, come quando disse a France2 di aver "avuto l'occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori". O ancora ieri a Radio Montecarlo dove ha sostenuto di essersi addirittura "divertito a dire alla famiglia, di cui sono amico da molti anni, che non desse risposte su quella che è stata la nostra frequentazione in questi anni". Come di cartapesta è la scena - del tutto artefatta - disegnata dalle testate (Chi) della berlusconiana Mondadori. Il fatto è che Berlusconi non ha mai conosciuto Elio Letizia né negli "anni passati", né negli "ambienti socialisti". Mai Berlusconi ha discusso con Elio Letizia di politica e tantomeno delle candidature delle Europee (Porta a porta, 5 maggio). Berlusconi ha conosciuto Noemi. Le ha telefonato direttamente, dopo averne ammirato le foto e aver letto il numero di cellulare su un "book" lasciatogli da Emilio Fede. Poi, nel corso del tempo, l'ha invitata a Roma, in Sardegna, a Milano. Le evidenti falsità, diffuse dal premier, gli sarebbero costate nel mondo anglosassone, se non una richiesta di impeachment, concrete difficoltà politiche e istituzionali. Nell'Italia assuefatta di oggi, quella menzogna gli vale un'altra domanda: perché è stato costretto a mentire? Che cosa lo costringe a negare ciò che è evidente? È vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l'accesso alla scena politica (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile)? Dieci giorni dopo, ci sono altre ragionevoli certezze. È confermato quel che Veronica Lario ha rivelato a Repubblica (3 maggio): il premier "frequenta minorenni". Noemi, nell'ottobre del 2008, quando riceve la prima, improvvisa telefonata di Berlusconi ha diciassette anni, come Roberta, l'amica che l'ha accompagnata a Villa Certosa. La circostanza rinnova l'ultima domanda: quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?
(24 maggio 2009)

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sabato 23 maggio 2009

Omicidio Rostagno, due boss mafiosi fecero uccidere il giornalista

Da l’Unità online 23 maggio 2009:
L'omicidio di Mauro Rostagno sarebbe stato deciso ed eseguito da capimafia trapanesi. L'inchiesta della polizia di Stato ha portato alla conclusione che furono i boss ad ordinare l'agguato la sera del 26 settembre 1988, uccidendo così il giornalista-sociologo, uno dei fondatori della comunità Saman. Il gip del tribunale di Palermo, Maria Pino, ha emesso due ordini di custodia cautelare su richiesta dei pm della Dda, Antonio Ingroia e Gaetano Paci.

I provvedimenti riguardano Vincenzo Virga, già capo del mandamento mafioso di Trapani, attualmente detenuto a Parma, indicato come il mandante, e Vito Mazzara, accusato di essere l'esecutore materiale, detenuto a Biella. I due indagati avrebbero proceduto in concorso con il vecchio capomafia trapanese, Francesco Messina Denaro, deceduto durante la latitanza, e padre di Matteo, ricercato da 16 anni.
Il provvedimento è stato emesso dal gip in seguito ai risultati delle indagini condotte della Squadra mobile di Trapani, con il supporto di nuovi accertamenti balistici del Gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo. L'analisi sui tre bossoli trovati sul posto dell'agguato ha accertato che erano stati sparati dalla stessa arma utilizzata all'epoca in altri delitti di mafia nel trapanese.
L'ordine di uccidere Mauro Rostagno sarebbe dunque partito dai vertici della famiglia mafiosa trapanese, in particolare da Vincenzo Virga, considerato il mandante, mentre Vito Mazzara è indicato come l'autore materiale dell'omicidio. Sul delitto del sociologo-giornalista, che da un'emittente televisiva privata, di cui era direttore, denunciava le collusioni fra mafia e politica, hanno anche parlato i collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori e Francesco Milazzo, entrambi ex capimafia trapanesi.
Con questa indagine, che riscontra molte similitudini con il modo di operare dei sicari che avevano messo a segno altri delitti all'epoca, viene scartata una volta per tutte il sospetto di una pista interna alla comunità Saman. Rostagno, coniugando cronaca e denuncia, muovendo forti ed esplicite accuse nei confronti di esponenti di Cosa nostra e richiamando in termini di speciale vigore l'attenzione dell'opinione pubblica, aveva toccato diversi uomini d'onore e generato nell'ambito del contesto criminale un risentimento diffuso.

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venerdì 22 maggio 2009

Berlusconi si trucca prima dell'intervento alla Confindustria

Questa la fotosequenza pubblicata su Repubblica online che mostra Berlusconi che si trucca prima dell'intervento di ieri alla Confindustria. No comment! (clicca sulla stringa):
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/politica/silvio-fazzoletto/1.html

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mercoledì 20 maggio 2009

Giovani come tanti

di Lucia Annunziata - da La Stampa online
Ma, insomma, cosa mai devono fare, questi ragazzi? Se vogliono fare le letterine, li si accusa di seguire i più volgari modelli culturali. Se si chiudono in casa e chattano tutto il tempo, ci si allarma per una generazione distaccata dalla realtà. Se bevono ogni sera nella movida, li si descrive sulla strada dell’alcolismo. Se vanno in piazza per il Papa, li si guarda come premoderni. Se invece hanno rapporti sessuali, li si proclama amorali precoci. Se si iscrivono obbedienti alla trafila delle primarie del Pd, li si descrive come precoci burocrati. Se diventano giovani leader alla Bocconi o all’Aspen, li si racconta come mostri di ambizione. E se manifestano in piazza - come succede in questi giorni - non ne parliamo: eccole lì, le nuove leve del terrorismo.

È possibile che un Paese come il nostro, malato di misoginia e di xenofobia, risulti alla fine malato anche di fobia antigiovani. Ma, se di fobie si tratta, sotto si nasconde una serpe vera. Gli studenti asini, e le veline, e i solitari, e gli ambiziosi, rimangono relativamente visibili (e infatti se ne fregano delle nostre analisi - non so se lo sapete), ma affrontare ogni forma di rivolta giovanile come una questione di ordine pubblico è un azzardo. Arriviamo così a Torino, che in una settimana è stata il set di due episodi raccontati come paradigmatici di un clima e di un futuro. Parlo del centinaio di Cobas - li cito qui perché molti di loro erano giovani - che hanno attaccato Rinaldini e la Cgil, e le poche centinaia di studenti dell’anti-G8. Tante parole. Ma alla fine gli scontri di massa si sono risolti in un po’ di «cariche di alleggerimento» e tre-feriti-tre. Ugualmente si può dire dell’aggressione dei Cobas: non è affatto un avvenimento nuovo nella vita del sindacato, e la dimensione della contestazione è stata ridicola. Eppure, in entrambi i casi, come succede sempre più spesso, l’intera Nazione Istituzionale si è levata adombrando il pericolo terrorismo.Scusate se non mi unisco al coro, ma sia Torino (in grande) sia io (in piccolo) nella nostra comune vita ne abbiamo viste di ben peggiori. E la caduta dal palco di Rinaldini non è certo quella di Lama alla Università di Roma.Non voglio giustificare. Ma il terrorismo è stato una cosa seria. Le intemperanze, i musi, il ridicolo, gli «scazzi» e le violenze sono invece buona parte di quello che i giovani fanno in ogni società, in ogni tempo e in ogni luogo. Anche ora, in molti Paesi d’Europa. Questione di libertà, questione di testosterone.Perché dunque invocare sempre così facilmente l’ombra della rivolta armata, oggi in Italia? Non voglio dare questa risposta - essa stessa molto complessa. Dare un avvertimento tuttavia non costa molto. Per cui - per quel che serve - lo butto lì: se ogni ribellione, ogni contrazione della società deve essere rubricata sotto il nome di potenziale terrorismo, state attenti. Invocare l’Apocalisse a ogni tuono può davvero condurvici.

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martedì 19 maggio 2009

La coscienza e il senso comune Una lettera aperta di un lettore al direttore di Liberazione, con un intervento di Giulietto Chiesa

La coscienza e il senso comune. Una lettera aperta di un lettore al direttore di Liberazione (ma anche a quello de il manifesto , e altri), con un intervento di Giulietto Chiesa

Caro direttore,
l'articolo di oggi di Roberta Fantozzi, che illustra la campagna che Rifondazione ha organizzato e sta organizzando è in gran parte condivisibile, ma non affronta e non dà risposte al problema che l'articolo stesso pone all'inizio. C'è una evidente "manipolazione" quotidiana che IL REGIME mediale unificato, RAISET e non solo, opera dei "fatti" e della "realtà".
Questa manipolazione-nascondimento-disinformazione forma IL SENSO COMUNE delle larghe masse e impedisce la "consapevolezza", la "presa di coscienza" e la possibilità -necessità di lottare. Esiste quindi una necessità assoluta di "disvelamento" e di VERITA'.
Il BERLUSCONISMO come REGIME si è fondato e imposto in questi anni con il controllo del sistema mediale e informativo e l'imposizione di un immaginario collettivo un sistema di valori e di comportamenti mercificati consumistici padronali ecc. Con la "presa" della RAI e la generalizzazione delle pratiche e culture di Mediaset il meccanismo è diventato totalizzante. Le masse popolari sono rimaste, anche per questo, in balia del PENSIERO UNICO del Capo... e dei suoi ripetitori.
E' evidente che non sia solo questione di "informazione", ma anche di formazione, di modelli culturali ecc.
Nel nostro paese, anche per responsabilità della sinistra , il livello culturale delle larghe masse a livelli molto bassi. Lo aveva capito molto bene Don Lorenzo Milani. Ciò fa sì che la TV sia ancora ora lo strumento fondamentale nella informazione e formazione dell'opinione pubblica . In Italia si leggono poco giornali e libri .
Ciò rende urgente e fondamentale alcune cose. Una lotta senza quartiere contro IL REGIME e per l'uscita dalla politica del NANOP2 . Perchè il possesso di un impero editoriale, anche senza entrare nel merito del processo di formazione dello stesso, è di per se stesso la negazione della democrazia e della Costituzione. Una lotta per impedire l'occupazione della RAI che in atto ... perchè la RAI è dei cittadini e non dei partiti. E il lancio e il decollo di una TV libera autogestita ed autofinanziata. C'è il progetto PANDORA in atto, di Giulietto Chiesa ed altri. Parliamone e facciamo in modo che possa diventare la TV di quel milione-milione e mezzo di "sinistra" che a volte siamo riusciti a mobilitare nelle piazze.
Potrebbe essere anche il segno di una inversione di tendenza.
Saluti, Gaetano Stella
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Ringrazio Gaetano Stella per avere risollevato la questione, negli unici termini in cui dovrebbe essere affrontata (ma che tutto lo schieramento di sinistra ha completamente ignorato).
O si opera questa inversione di "comprensione", oppure del tutto inutile immaginare una qualsiasi rivincita collettiva. La societ dello spettacolo quella dove abbiamo perduto. O rompiamo lo spettacolo o continueremo a perdere.

Giulietto Chiesa
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DA CHE PARTE STARE - appello per la manifestazione nazionale dei migranti del 23 Maggio a Milano

Appello per la manifestazione nazionale dei migranti del 23 maggio a Milano.
(per aderire: da.che.parte.stare@gmail.com )

La crisi colpisce duro, la crisi colpisce tutti: donne e uomini,italiani e migranti. Eppure, per rispondere alla crisi, il governoproduce e sancisce differenze. È razzismo istituzionale: la leggeBossi-Fini e il “pacchetto sicurezza” inseguono il sogno di una forzalavoro usa e getta, vogliono ridurre i migranti e le migranti allaperenne espellibilità. Tutti i lavoratori e le lavoratrici in cassaintegrazione, sospesi dal lavoro e licenziati vedono ogni progetto divita frantumarsi di fronte ai loro occhi. Tra i lavoratori, i precaricon contratti a termine e senza garanzie sono messi alla porta perprimi. Tra i lavoratori, i migranti vivono una doppia precarietà,sanno che il permesso di soggiorno non sarà rinnovato, laclandestinità è una minaccia più vicina, l’espulsione una possibilitàsempre presente. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

Il razzismo istituzionale colpisce duro: il Governo Berlusconi, con laLega Nord in prima fila e buona parte dei media, hanno dato il via aduna campagna di odio che si indirizza prevalentemente contro i“clandestini” ma criminalizza tutti i migranti giustificando il lorosfruttamento. La proposta di un “contributo” per il rinnovo deipermessi – che si aggiunge al furto dei contributi previdenziali epensionistici che non possono essere ritirati – mostra che il salariodei migranti è considerato risorsa sempre disponibile. Si tratta didenaro che, con quello di tutti i lavoratori, pagherà nuovi Centri diidentificazione ed espulsione. E mentre il razzismo istituzionale silegittima sul corpo delle donne facendo strada a ronde e linciaggipopolari, la violenza continua nelle case, i tagli alla scuola e alwelfare pretendono di rinchiudere tutte le donne tra le muradomestiche, riservando alle migranti solo un posto da “badanti”. Perquesto è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.La crisi mostra spietatamente che lo sfruttamento non conoscedifferenze: tutti hanno mutui e affitti da pagare, l’incubo del giornodopo. Il razzismo istituzionale impedisce però ai migranti di sperarepersino nelle già povere “misure anticrisi”. Ammortizzatori sociali,piani edilizi, bonus bebè non li riguardano: devono solo pagare, efarlo in silenzio. L’abolizione del divieto di denunciare i migrantiirregolari che si rivolgono alle strutture sanitarie è l’espressionepiù meschina di una strategia che vuole produrre una clandestinitàpolitica oltre che legale. Impedire di certificare la nascita deifigli e delle figlie dei migranti senza documenti pone un’ipotecasulle prossime generazioni. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTESTARE.Contro i colpi duri della crisi e del razzismo istituzionale, larisposta deve essere altrettanto forte. È ora di scegliere DA CHEPARTE STARE, e tutti e tutte siamo chiamati in causa. Leorganizzazioni autonome dei migranti, che in questi anni hanno tenutoalta la lotta contro la legge Bossi-Fini, le associazioni e imovimenti antirazzisti, i sindacati, tutti siamo tenuti a schierarcicontro questa politica del razzismo. Fino a quando i migranti sarannoesposti al ricatto, tutti saranno più ricattabili. È tempo diritessere il filo della solidarietà, di avviare in ogni territorio unanuova grande azione concreta di lotta capace di opporsi a un attaccoalle condizioni di vita che colpisce prima di tutto i migranti, ma nonsolo i migranti.È ORA DI STARE DALLA PARTE DEI MIGRANTI E DELLE MIGRANTI. Per questo,facciamo appello a tutti i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti ele studentesse, le associazioni e i sindacati, affinché siano parte diquesta lotta. Con questo appello inizia il percorso per unamobilitazione che arrivi a una grande manifestazione nazionale il 23maggio a Milano, una città del nord dove più evidenti sono lecaratteristiche dell’offensiva del razzismo istituzionale e piùmarcati gli effetti della crisi. Affinché gli effetti della leggeBossi-Fini non amplifichino quelli della crisi, NOI CHIEDIAMO:- che i permessi di soggiorno siano congelati in caso dilicenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro;- che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruisconodi ammortizzatori, partecipino alla pari di ogni altro lavoratore aogni misura di sostegno e vedano salvaguardati i contributi che hannoversato;- che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutuiin caso di perdita del lavoro; il blocco degli sfratti per tutti ilavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché sappiamoche un migrante senza contratto di locazione è un lavoratoreclandestino;- il mantenimento del divieto di denuncia dei migranti senza documentiche si rivolgono alle strutture sanitarie e della possibilità diregistrare la nascita dei loro figli;- il ritiro della proposta di un permesso di soggiorno a punti e diqualunque tipo di “contributo” economico, sia esso di 80 o di 200 €,per le pratiche di rinnovo dei permessi.- il blocco della costruzione di nuovi centri di identificazione edespulsione, l’utilizzo dei fondi stanziati per iniziative a favore ditutti i lavoratori colpiti dalla crisi, la cancellazione di ogni normache preveda l’allungamento dei tempi di detenzione, la chiusura deiCIE.- la garanzia di accesso al diritto d’asilo e il blocco immediato deirespingimenti alla frontiera in attesa della promulgazione di unalegge organica in materia.Coordinamento immigrati BresciaCoordinamento migranti Bologna e provinciaRete migranti TorinoMayDay MilanoImpronte – Rete per la libertà di movimento RomaRete 28 aprileAssociazione Città migrante – Reggio EmiliaCoordinamento migranti FIOM-CGIL – ParmaCoordinamento lavoratori immigrati CGIL – Reggio EmiliaCoordinamento immigrati CGIL – BresciaCoordinamento migranti FIOM-CGIL - BolognaAssociazione diritti per tutti – BresciaSportello Illegale CSOA Gabrio – TorinoCittadinanza globale – VeronaCoordinamento migranti basso mantovanoSinistra critica - movimento per la sinistra anticapitalistaLaboratorio femminista Kebedech SeyoumCSOA Casaloca – MilanoCoordinamento Nord sud del mondoAssociazione culturale "Carlo Giuliani" - San lazzaro - Ozzano (BO)Comitato di solidarietà con profughi e migranti – TorinoAsociación Real Juvenil – MilanoCase di Plastica – MilanoAssocafé (Asociación Cultura Arte Fuerza al Exterior) – MilanoAssociazione Antigone – Milano Città ApertaSinistra Critica – MilanoRete Antirazzista CampanaCoordinamento Immigrati BergamoLavoratori migranti FIOM - BergamoRete Antirazzista CataneseCUBCoordinamento migranti VeronaLe radici e le ali ONLUS – MilanoCartaAgenzia per la Pace –Valtellina,Valchiavenna e Alto LarioRete Milano Città ApertaAss.ne Todo Cambia – MilanoCoordinamento Nazionale Migranti FIOMSinistra critica CalabriaSinistra critica FirenzeIl Coordinamento lavoratori della Scuola "3 ottobre"Cobas Scuola – CosenzaAssociazione Arcobaleno insieme senza frontiere – SondrioAssociazione I Rom per il futuro – TorinoSdL intercategorialeCsa Magazzino 47 – BresciaSinistra critica – MantovaScuola Popolare Migranti – Cologno MonzesePartito della rifondazione comunista Sinistra EuropeaPartito della rifondazione comunista LombardiaPartito della rifondazione comunista - Federazione di MilanoAssociazione ALFABETI Onlus – quartiere S. Siro MilanoRete italiana di solidarietà con il popolo kurdo – MilanoComunità kurda – MilanoL'Alternativa – San Paolo d'Argon (Bg)Rete nazionale sicurezza sul lavoro – RavennaAssociazione culturale Umoja – ParmaCISDA FVG – sportello operativo Coordinamento Italiano Sostegno DonneAfgane – TriesteUSIAIT – Lavoratrici e lavoratori anarchiciCasa editrice agenzia XCoordinamento donne contro il razzismoUnione Migranti SondrioCoordinamento Rifugiati e Migranti di AmnestyNAGA – MilanoCentro Interculturale Donne Native-Migranti Trama Di Terre – ImolaAssociazione Interculturale Dawa – ModenaCantiere - MilanoComitato per non dimenticare Abba e per fermare il razzismoComitato in supporto dei rifugiati di MilanoAttac – NapoliAssociazione Ambulatorio Medico Popolare di Via dei Transiti 28 – MilanoAttac ItaliaCoordinamento Attac – MilanoLaboratorio sociale "la città di sotto" – BiellaAssociazione Itaca – CorsicoConfederazione Cobas – TorinoCollettivo Climax – MilanoAssociazione vittime ed ex vittime della tratta del Progetto laragazza di Benin CityNetwork antagonista torineseRadio Ciroma – CosenzaCentro delle Culture MilanoTerre Libere – Lista per la Provincia di BolognaArea programmatica Lavoro Società - CGIL nazionaleComunità Carlo del PreteGiovani Comunisti – MilanoRete 25 aprile- partigiani in ogni quartiereAssolei Sportello donna Onlus – RomaXM24 – BolognaAssociazione Mosaico InterculturaleAssociazione Senegalese "SUNUGAL" – VeneziaCasa di Mattoni – FermoUn ponte per…Attac PerugiaCascina Autogestita Torchiera Senz'AcquaAssociazione Famigliari e Amici di Fausto e IaioAssemblea Permanente NO F-35Circolo Prc Francesco Vella – PalermoCircolo Migranti “Amal”- Prc GenovaANPI – Cassano d'AddaPartito d’Alternativa ComunistaVag 61 – BolognaCollettivo La Rosa Bianca – RozzanoAssociazione Fulbè – BergamoSOKOS - Associazione per l'assistenza a emarginati e immigrati – BolognaCollettivo femminista figlie femmine – BolognaConsultoria Autogestita – BolognaComitato antifascista della zona 8 di MilanoCoordinamento stranieri – VicenzaAltra Città Lista Civica di Donne BolognaComitato Intercomunale per la Pace del MagentinoEmergencyRete Scuole Senza Permesso – MilanoScuola d'italiano per stranieri – BaobabRivista "Guerre&Pace"Coordinamento Diversi Uguali – ArezzoSinistra Critica – VeronaAssociazione Cittadini senza Confini - Certaldo (FI)ANPI – CataniaPartito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo MilanoPIAM ONLUS - Progetto Integrazione Accoglienza Migranti – AstiProletaria comunicazione militanteGruppo Migranti della Seconda Casa di Reclusione Milano-BollateAssociazione Culturale "L'Officina del Futuro" - LodiCoordinamento Vittime della Globalizzazione – LodiCentro Occupato Autogestito T28 – via dei Transiti 28 MilanoCollettivo “Prendiamo la Parola" – MilanoANPI – TrevisoComitato No Expo - Milano
Gruppo Prometeo, Facoltà di medicina e chirugia - BolognaADESIONI INDIVIDUALIRoberto Vassallo – RSU FIOM – Almaviva finance – MilanoAntonello Tiddia - RSU Carbosulcis rete 28 aprile CGILGuerrino Donegà – Resp. Dipartimento Politiche Sociali e ImmigrazioneCGIL - LECCOVincenza Perilli – BolognaSilvio Messinetti (Avvocato)Davide Colace – CosenzaSandra Cangemi (Giornalista) – MilanoAntonio FusaroAlessio TenagliaMaddalena CelanoBruno AmbrosiChiara Dall’AstaAlma Masè – TriesteSimona ValmoriIssa Diallo – VeronaThiam Mbaye NIANG – VeneziaLuciano MuhlbauerUmberto BardellaStefano G.Ingala (Responsabile cittadini Immigrati PRC Biella)Marco Sansoé - Laboratorio sociale "la città di sotto", BiellaRiccardo Casolo (medico)Cristina Liverani - Sindacalista CGIL E.R.Igor Gianoncelli - segretario FILLEA CGIL SondrioMassimiliano Piacentini – LuccaAnnamaria Rivera (antropologa e attivista antirazzista)Giovanni Ozino Caligaris (Candidato per Candelo Democratica Lista Aperta)Eugenio Viceconte - RomaAnnalisa Frisina (ricercatrice sociologia, Università di Padova)Carlo Olivieri (medico umanista)Devi Sacchetto (ricercatore, Università di Padova)Francesca Vianello (ricercatrice, Università di Padova)Giorgia MoreraSusanna MagistrettiAnna ViolaCatia BianchiMarco Fabio Fachini - Responsabile Ufficio Immigrazione CGIL SondrioFranco Cilenti – direttore Periodico "Lavoro e Salute" TorinoFranco Fortunato (architetto, Biella)Marina Pensa – Segretaria CGIL SondrioCasadra Cristea - Bologna

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L'anfora dell'UDI arriva a Reggio Emilia

L'anfora dell'UDI arriva a Reggio Emilia
testimone dell volontà di dire BASTA alla violenza contro le donne: per dare un'occhiata all'insieme delle iniziative vedi il volantino qui a fianco (che può essere ingrandito).

Chi volesse partecipare - leggendo piccoli brani - nel pomeriggio di Lunedì 25 Maggio, in una pubblica lettura in Piazza Casotti, dalle 16.00 alle 17.00, ce lo faccia sapere inviando una mail a fahre@email.it
ciao!! partecipate tutt*!



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lunedì 18 maggio 2009

“A chi appartiene la tua vita?”

ARCI Reggio Emilia e Iniziativa Laica organizzano:

Giovedì 21 maggio ’09 alle ore 17,30 -20,00 presso il cinema CRISTALLO via Ferrari Bonini, 4 – R.E.

PAOLO FLORES D’ARCAIS
Filosofo e direttore di MicroMega

Presenta e discute il suo libro
“A chi appartiene la tua vita?”

Una riflessione su testamento biologico, eutanasia,
libertà e autodeterminazione, diritti civili nell’epoca oscurantista
di Ratzinger e Berlusconi
tel. 339.1614102 - 347.8262964 – e.mail: iniziativalaica@alice.it
Nel corso dell’incontro sarà inoltre:
Ø distribuito un modello di testamento biologico (abbiamo chiesto ad alcuni notai di intervenire all’incontro e applicare un “compenso simbolico” a chi vorrà sottoscriverlo)
Ø annunciato l’utilizzo della petizione (ca. 700 firme) per richiedere la cittadinanza onoraria di RE e PR a Beppino Englaro

“Con che diritto il cardinal Bagnasco, l’onorevole Formigoni, l’onorevole Roccella,il ministro Sacconi pretendono di decidere
al posto nostro se quel sondino
dovrà essere lasciato o dovrà essere tolto?
Chi siete voi per decidere delle nostre vite?
Solo in uno Stato totalitario si può arrivare a questa enormità:
che la vita non appartenga al cittadino e che sulla sua malattia
e sulla sua sofferenza decida il governo anziché il malato.
La vita appartiene a chi la vive: non al governo
e neppure alla Chiesa delle gerarchie”.

Paolo Flores d’Arcais
durante la manifestazione a Roma del 21 febbraio 2009


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Il corpo delle donne

Il corpo delle donne
documentario di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi
per vederlo clicca qui
dal blog: Il corpo delle donne: http://www.ilcorpodelledonne.blogspot.com/

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Il coraggio dimenticato

di Roberto Saviano, da Repubblica on line
Chi racconta che l'arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica. Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non sono partite da italiani ma da africani. In dieci anni è successo soltanto due volte che vi fossero, sull'onda dello sdegno e della fine della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.

La cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l'inchiesta del GOA della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il danaro della coca nell'edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in Belgio. L'egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri - anche loro, come i ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi - si radunano per protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due soli giorni dall'aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza della 'ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai accaduto negli anni precedenti.Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente, aveva sempre avuto il coraggio di resistere. Ne fu esempio Peppe Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi. Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno. E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti gli italiani. Difendono il diritto di lavorare e di vivere dignitosamente e difendono il diritto della terra. L'agricoltura era una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi. E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro. Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" di Antonello Mangano, edito da Terrelibere. La popolazione africana ha immesso nel tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare. Anticorpi che nascono dall'elementare desiderio di vivere. L'omertà non gli appartiene e neanche la percezione che tutto è sempre stato così e sempre lo sarà. La necessità di aprirsi nuovi spazi di vita non li costringe solo alla sopravvivenza ma anche alla difesa del diritto. E questo è l'inizio per ogni vera battaglia contro le cosche. Per il pubblico internazionale risulta davvero difficile spiegarsi questo generale senso di criminalizzazione verso i migranti. Fatto poi da un paese, l'Italia, che ha esportato mafia in ogni angolo della terra, le cui organizzazioni criminali hanno insegnato al mondo come strutturare organizzazioni militari e politiche mafiose. Che hanno fatto sviluppare il commercio della coca in Sudamerica con i loro investimenti, che hanno messo a punto, con le cinque famiglie mafiose italiane newyorkesi, una sorta di educazione mafiosa all'estero. Oggi, come le indagini dell'FBI e della DEA dimostrano, chiunque voglia fare attività economico-criminali a New York che siano kosovari o giamaicani, georgiani o indiani devono necessariamente mediare con le famiglie italiane, che hanno perso prestigio ma non rispetto. Altro esempio eclatante è Vito Roberto Palazzolo che ha colonizzato persino il Sudafrica rendendolo per anni un posto sicuro per latitanti, come le famiglie italiane sono riuscite a trasformare paesi dell'est in loro colonie d'investimento e come dimostra l'ultimo dossier di Legambiente le mafie italiane usano le sponde africane per intombare rifiuti tossici (in una sola operazione in Costa D'Avorio, dall'Europa, furono scaricati 851 tonnellate di rifiuti tossici). E questo paese dice che gli immigrati portano criminalità? Le mafie straniere in Italia ci sono e sono fortissime ma sono alleate di quelle italiane. Non esiste loro potere senza il consenso e la speculazione dei gruppi italiani. Basta leggere le inchieste per capire come arrivano i boss stranieri in Italia. Arrivano in aereo da Lagos o da Leopoli. Dalla Nigeria, dall'Ucraina dalla Bielorussia. Gestiscono flussi di danaro che spesso reinvestono negli sportelli Money Transfer. Le inchieste più importanti come quella denominata Linus e fatta dai pm Giovanni Conzo e Paolo Itri della Procura di Napoli sulla mafia nigeriana dimostrano che i narcos nigeriani non arrivano sui barconi ma per aereo. Persino i disperati che per pagarsi un viaggio e avere liquidità appena atterrano trasportano in pancia ovuli di coca. Anche loro non arrivano sui barconi. Mai. Quando si generalizza, si fa il favore delle mafie. Loro vivono di questa generalizzazione. Vogliono essere gli unici partner. Se tutti gli immigrati diventano criminali, le bande criminali riusciranno a sentirsi come i loro rappresentanti e non ci sarà documento o arrivo che non sia gestito da loro. La mafia ucraina monopolizza il mercato delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e della distribuzione della coca, i bulgari dell'eroina, i furti di auto di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste organizzazioni vive senza il consenso e l'alleanza delle mafie italiane. Nessuna di queste organizzazioni vivrebbe una sola ora senza l'alleanza con i gruppi italiani. Avere un atteggiamento di chiusura e criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e l'assistenza legale. E non si tratta di interpretare il ruolo delle "anime belle", come direbbe qualcuno, ma di analizzare come le mafie italiane sfruttino ogni debolezza delle comunità migranti. Meno queste vengono protette dallo Stato, più divengono a loro disposizione. Il paese in cui è bello riconoscersi - insegna Altiero Spinelli padre del pensiero europeo - è quello fatto di comportamenti non di monumenti. Io so che quella parte d'Italia che si è in questi anni comportata capendo e accogliendo, è quella parte che vede nei migranti nuove speranze e nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare. L'Italia in cui è bello riconoscersi e che porta in se la memoria delle persecuzioni dei propri migranti e non permetterà che questo riaccada sulla propria terra.

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Quelle dieci domande

di Ida Dominijanni, da Il Manifesto on line
Il presidente del consiglio sta perdendo la brocca, e proprio su quell'arte di comunicare in cui vanta un primato indiscusso. Emette in contemporanea note ufficiali impersonali firmate Palazzo Chigi, book velinari (sempre di veline si tratta) personalissimi sulla propria vita firmati Vittorio Feltri, battute sui «birichini» che lo attaccano firmate Silvio Berlusconi. Troppi registri e troppi format diversi, gli spiegherebbe l'ultimo programmista delle sue tv: così l'audience rischia di confondersi e di scendere ancora di qualche punto rispetto agli ultimi sondaggi elettorali, che già gliene levano tre. Non aveva detto e strombazzato che l'affaire Veronica-Noemi è una faccenda privata, di cui intendeva tacere? E allora perché continua a non fare altro che parlarne, via note e via battute? E se della sua vita privata non vuole parlare, come mai replica l'operazione elettorale già fatta anni fa con il memorabile Una storia italiana, facendoci somministrare di nuovo da Libero la sua biografia inestricabilmente privata e pubblica, con i muscoli di quando aveva quindici anni esibiti accanto al sorriso da premier e Putin ospite a Villa Certosa?
La verità è che la favola della faccenda privata non ha retto neanche un minuto, e che fin dal primo minuto il premier, mentre ostentava strafottenza, imbastiva versioni approssimative dei fatti e armava i suoi contro la moglie per screditarla, ha capito che rischia grosso, più grosso di quanto già non vacilli per gli attacchi di Bossi sul referendum, di Brunetta sul governo, di Fini sulle coppie gay. Sì che di fronte alle dieci pertinenti domande sull'affaire messe in fila ieri da Giuseppe D'Avanzo su Repubblica (alcune formulate già su queste colonne da Gabriele Polo, dopo il monologo berlusconiano a Porta a porta), invece di rispondere come sarebbe suo dovere, accende con la nota ufficiale il solito pilota automatico - «invidia, odio, calunnia, diffamazione, strumentalizzazione» - e prova il contropiede straparlando d'altro per tutto il giorno: immigrati, G8, gasdotto sul Mar Nero, calcio, Millemiglia, piano casa, Nato, ricette per la ricrescita dei capelli, case ai terremotati, ponte sullo Stretto. Classica strategia di dépistage, patente quanto le contraddizioni che D'Avanzo imputa alle sue variegate versioni dei giorni scorsi sulle candidature delle veline, sul rapporto con Noemi, sull'amicizia con il padre di Noemi, sul suo arrivo alla festa di Noemi, sulle sue presunte frequentazioni di minorenni, sul suo stato di salute e via dicendo. Anche l'opposizione accende il pilota automatico e denuncia l'attacco alla libertà d'informazione. Che con Berlusconi va sempre bene, ci mancherebbe. Se non fosse che in democrazia oltre alla stampa libera esisterebbero anche delle libere istituzioni, e quelle dieci domande ci sarebbe piaciuto, a noi che facciamo informazione, resocontarle per esempio da un dibattito parlamentare. Ma fino a ieri anche per l'opposizione, salvo poche e meritevoli voci, l'affaire era una faccenda privata, di cui bisognava tacere. Tiriamo una linea e cominciamo da capo, con due preghiere. Fate quelle dieci domande, onorevoli deputati e senatori dell'opposizione. Risponda a quelle dieci domande, onorevole presidente del consiglio.

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Incoerenze di un caso politico: dieci domande a Berlusconi

di Giuseppe D'Avanzo, da Repubblica on line
Repubblica ha chiesto, nei giorni scorsi, di rivolgere al presidente del Consiglio dieci domande sulle incoerenze e le omissioni di una storia che molti definiscono "di Veronica" o "di Noemi" e nessuno azzarda a definire per quel che è o appare: un "caso Berlusconi". Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, lunedì, ha chiesto due giorni per dare una risposta. Quella risposta non è arrivata. Per non dissimulare, come vuole il nuovo conformismo dell'informazione italiana, ciò che dovrebbe essere chiarito, pubblichiamo oggi le domande che avremmo voluto rivolgere al premier e le contraddizioni che abbiamo ritenuto di riscontrare tra le sue dichiarazioni e quelle degli altri protagonisti della vicenda.
Silvio Berlusconi ha detto: "Credo che chi è incaricato di una funzione pubblica, come il presidente del Consiglio, possa accettare la continuazione di un rapporto [con la sua consorte, Veronica Lario] soltanto se si chiarisce chi ha provocato questa situazione". (Porta a Porta, 5 maggio 2009). Repubblica concorda con Silvio Berlusconi. E' evidente che, nonostante il frastuono mediatico di queste ore, non si discute di un divorzio o di una separazione, affare privato di due coniugi. Come ha chiaro il premier, la questione interroga i comportamenti di "un incaricato di una funzione pubblica". In quanto tali, quei comportamenti sono sempre di pubblico interesse e non possono essere circoscritti a un ambito familiare. D'altronde, la signora Veronica Lario, nelle sue dichiarazioni del 29 aprile e del 3 maggio, offre all'attenzione dell'opinione pubblica due certezze personali e una domanda. Le due certezze descrivono, tra il pubblico e il privato, i comportamenti del presidente del Consiglio: "Mio marito frequenta minorenni"; "Mio marito non sta bene". La domanda, posta dalla signora all'opinione pubblica e a chi in vario modo la rappresenta, è invece tutta politica e chiama in causa le pratiche del "potere", il suo modo di essere, che si degrada e si avvilisce pericolosamente quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate "veline" senza altro merito che un bell'aspetto e la prossimità al premier. Ha detto la signora Lario: "Quello che emerge oggi, attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte le donne (...). Qualcuno ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell'imperatore. Condivido, quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore". (Ansa, 28 aprile, 22:31) Silvio Berlusconi ha replicato, a caldo, evocando un complotto "della sinistra e della sua stampa che non riescono ad accettare la mia popolarità al 75 per cento (...) Tutto falso, nato dalla trappola in cui anche mia moglie purtroppo è caduta. Le veline sono inesistenti. Un'assoluta falsità". (Porta a porta, 5 maggio) E' il primo ingombro che bisogna verificare. Questa storia è soltanto una trappola bene organizzata? E' vero, se di complotto si tratta, che nasconde la mano della sinistra e della "sua stampa"? Tre evidenze lo escludono. Il primo quotidiano che dà conto della candidatura di una "velina" alle elezioni europee è il Giornale della famiglia Berlusconi. Il 31 marzo, a pagina 12, nella rubrica Indiscreto a Palazzo si legge che "Barbara Matera punta a un seggio europeo". "Soubrette, già "Letterata" del Chiambretti c'è, poi "Letteronza" della Gialappa's, quindi annunciatrice Rai e attrice della fiction Carabinieri", la Matera, scrive il Giornale, "ha voluto smentire i luoghi comuni sui giovani che non si applicano e non si impegnano. "Dicono che i ragazzi perdino tempo. Non è vero: io per esempio studio molto"". "E si vede", commenta il giornale di casa Berlusconi. Il secondo giornale che svela "la carta segreta che il Cavaliere è pronto a giocare" è Libero, il 22 aprile. Notizia e foto di prima pagina con "Angela Sozio, la rossa del Grande Fratello e le gemelle De Vivo dell'Isola dei famosi, possibili candidate alle elezioni europee". A pagina 12, le rivelazioni: "Gesto da Cavaliere. Le veline azzurre candidate in pectore" è il titolo. "Silvio porta a Strasburgo una truppa di showgirl" è il sommario. Per Libero le "showgirl", che dovranno superare un colloquio, sono 21 (in lista i candidati a un seggio di Bruxelles, come si sa, sono 72). I nomi che si leggono nella cronaca sono: Angela Sozio, Elisa Alloro, Emanuela Romano, Rachele Restivo, Eleonora Gaggioli, Camilla Ferranti, Barbara Matera, Ginevra Crescenzi, Antonia Ruggiero, Lara Comi, Adriana Verdirosi, Cristina Ravot, Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Silvia Travaini, Assunta Petron, Letizia Cioffi, Albertina Carraro. Eleonora e Imma De Vivo e "una misteriosa signorina" lituana, Giada Martirosianaite. Difficile sostenere che Il Giornale e Libero siano fogli di sinistra. Come è arduo credere che la Fondazione farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini, sia un pensatoio vicino al partito democratico. Il think tank, diretto dal professor Alessandro Campi, vuole "far emergere una nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della globalizzazione". Coerentemente critica l'uso di "uno stereotipo femminile mortificante" e con un'analisi della politologa Sofia Ventura avverte che "il "velinismo" non serve". Nell'articolo si legge: "Assistiamo a una dirigenza di partito che fa uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno molto da fare, allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento. Questo uso strumentale del corpo femminile, al quale naturalmente le protagoniste si prestano con disinvoltura, denota uno scarso rispetto, da un lato, per quanti, uomini e donne, hanno conquistato uno spazio con le proprie capacità e il proprio lavoro; dall'altro, per le istituzioni e per la sovranità popolare che le legittima". Sofia Ventura conclude: "Le donne non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole, non sono nemmeno fragili esserini bisognosi di protezione e promozione da parte di generosi e paterni signori maschi. Le donne sono, banalmente, persone. Vorremmo che chi ha importanti responsabilità politiche qualche volta lo ricordasse". Quando la signora Lario prende (buonultima) la parola per censurare il "velinismo" - e "il ciarpame senza pudore" del potere - non si muove nel vuoto, ma su un terreno già smosso dalle rivelazioni dei giornali vicini al premier e dalle analisi critiche di intellettuali prossimi alla maggioranza di governo. Questo "caso" non ha inizio con un intrigo, come protesta Berlusconi, ma trova la sua trasparente ragione nella preoccupazione di ambienti della destra per un "impoverimento della qualità democratica di un paese" (ancora la Ventura). Rimosso il presunto "complotto", resta il "caso" politico, dunque. Un "caso" che diventa anche familiare, quando Veronica Lario scopre che Silvio Berlusconi ha partecipato a Napoli alla festa di compleanno di una diciottenne (Repubblica, 28 aprile). E ancora una volta politico quando la signora, annunciando la sua volontà di divorziare, denuncia pubblicamente i comportamenti di un marito che, "incaricato di una pubblica funzione", "frequenta minorenni", prigioniero com'è di un disagio che minaccia il suo equilibrio psicofisico. Il presidente del Consiglio ha replicato ai rilievi della signora Lario con due interviste alla carta stampata (Corriere della Sera e la Stampa, 4 maggio) e con un lungo monologo a Porta a Porta (5 maggio). In queste tre sortite pubbliche, la ricostruzione degli avvenimenti di cui si discute (la candidatura di giovani donne selezionate per la loro bellezza e amicizia con il premier; il suo affetto per Noemi Letizia, maggiorenne il 26 aprile; la partecipazione alla festa di compleanno; il lungo sodalizio amicale con la famiglia Letizia) ha avuto, da parte di Berlusconi, una parola definitiva, ma o contraddittoria o omissiva. Berlusconi nega di aver mai avuto intenzione di candidare "soubrette". "Non avevamo messo in lista nessuna "velina"" (Corriere, 4 maggio) Noemi lo chiama "papi". Perché? A chi glielo chiede, replica: "E' uno scherzo, mi volevano dare del nonno, meglio mi chiamino papi. Non crede?" (Corriere, 4 maggio). Berlusconi è più preciso con la Stampa (4 maggio): "Io frequenterei, come ha detto la signora [Lario], delle diciassettenni. E' una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre punto e basta. Lo giuro!" E' la stessa versione offerta a France2 (6maggio). Quando il presidente del Consiglio spiega le circostanze della frequentazione con Noemi Letizia - si tratta di un'antica amicizia di natura politica con il padre, dice - il giornalista lo interrompe per chiedere: "... dunque [Noemi] non è una ragazza che lei conosceva personalmente?". Berlusconi risponde: "No, ho avuto l'occasione di conoscerla con i suoi genitori. Questo è tutto". La versione di Berlusconi è contraddetta in tutti i suoi elementi dalle interviste che Noemi Letizia concede. Noemi così ricostruisce il suo legame affettivo con il presidente del Consiglio: "Mi vuole bene come a un figlia. E anch'io, noi tutti gli siamo molto legati". (Repubblica, 29 aprile) Al Corriere del Mezzogiorno, il 28 aprile, consegna dettagli chiave. "[Berlusconi, papi] mi ha allevata (...) E' un amico di famiglia. Dei miei genitori (...) non mi ha fatto mai mancare le sue attenzioni. Un anno [per il mio compleanno], ricordo, mi ha regalato un diamantino. Un'altra volta, una collanina. Insomma, ogni volta mi riempie di attenzioni. (...) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (...) Quando vado da lui ha sempre la scrivania sommersa dalle carte. Dice che vorrebbe mettersi su una barca e dedicarsi alla lettura. Talvolta è deluso dal fatto che viene giudicato male, gli spiego che chi lo giudica male non guarda al di là del proprio naso. Nessuno può immaginare quanto papi sia sensibile. Pensi che gli sono stata vicinissima quando è morta, di recente, la sorella Maria Antonietta. Gli dicevo che soltanto io potevo capire il suo dolore. (...) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (...) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio". Nel racconto di Noemi c'è la narrazione di un rapporto diretto, intenso con il presidente del Consiglio. Che le fa tre regali per il 16°, 17° e 18° compleanno. Quindi, si può concludere, Berlusconi ha conosciuto Noemi quindicenne. Nel loro rapporto non c'è alcun ruolo o presenza dei genitori. Noemi non vi fa alcun riferimento e non è corretta dalla madre, presente al colloquio con Angelo Agrippa del Corriere del Mezzogiorno. Berlusconi ha tentato di ridimensionare il legame con la minorenne: "Ho incontrato la ragazza due o tre volte, non ricordo, e sempre alla presenza dei genitori". I genitori non hanno ancora confermato le parole del premier. Durante l'incontro con il giornalista, la signora Anna Palumbo - madre di Noemi - interviene soltanto per specificare le circostanze in cui Berlusconi ha conosciuto suo marito, Benedetto "Elio" Letizia. Dice: "[Berlusconi] ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista. Ma non possiamo dire di più". Noemi non è così evasiva quando affronta una delle questioni decisive per questa storia. E' addirittura esplicita. Ella ritiene di poter ottenere da Berlusconi l'opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o scranno a Montecitorio. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle attenzioni (o promesse) di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche di farefuturo, il think tank di Gianfranco Fini ("Le donne non sono gingilli") e della signora Lario ("Ciarpame senza pudore"). Quando e dove e come si sono conosciuti Berlusconi e Benedetto Letizia è un altro enigma di questa storia che raccoglie versioni successive e contraddittorie. A Varsavia Berlusconi dice: "[Benedetto] lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l'autista di Craxi". (Ansa, 29 aprile, 16:34) Quando la circostanza è subito negata da Bobo Craxi ("Cado dalle nuvole. L'autista di mio padre si chiamava Nicola, era veneto, ed è morto da qualche anno", Ansa, 29 aprile, 16:57), Palazzo Chigi con un imbarazzato ritardo di venti ore, smentisce a sua volta: "Si rileva che il presidente Berlusconi non ha mai detto che il signor Letizia fosse autista dell'on. Bettino Craxi" (Ansa, 30 aprile, 12:30). Dal suo canto, Letizia non vuole ricordare in pubblico come e dove e quando ha conosciuto Berlusconi. Chi lo interroga raccoglie soltanto parole vuote. "Volete sapere come ho conosciuto Berlusconi? Va bene, ve lo dico, però allora vi racconto anche come ho conosciuto tutte le persone che conosco...". (Corriere, 10 maggio) In qualche altra occasione, il rifiuto di Letizia a raccontare il primo incontro con il futuro premier è ancora più categorico: "Non ho alcuna intenzione di farlo" (Oggi, in edicola il 6 maggio) Anche Noemi non ha voglia di offrire rievocazioni: "Non ricordo i particolari [di come è nato il contatto familiare], queste cose ai miei genitori non le ho chieste. Non è che si siano incrociati sul lavoro: mio padre è un dipendente comunale...". (Repubblica, 29 aprile) Un ricordo vivo del primo incontro tra Berlusconi e Letizia sembra averlo Arcangelo Martino, un ex assessore socialista al comune di Napoli, oggi vicino al partito del presidente del Consiglio. "Fra il 1987 e il 1993 sono stato grande amico di Bettino Craxi. Tutti i mercoledì andavo a trovarlo a Roma all'hotel Raphael, una consuetudine. Mi accompagnava sempre qualcuno del mio staff e quel qualcuno era quasi sempre Elio Letizia (...) Parecchie volte è capitato che al Raphael ci fosse Silvio Berlusconi. E' lì che ho presentato i due che poi hanno fatto amicizia". (Corriere della sera, 10 maggio). Il ricordo di Arcangelo Martino è sconfessato con nettezza ancora una volta da Bobo Craxi. "Escludo categoricamente che il signor Letizia fosse un habitué dell'hotel Raphael (...) Lo stesso Martino credo che sia passato qualche volta a salutare mio padre". (Repubblica, 11 maggio) Chiara anche la smentita di uomini che furono accanto al leader socialista: Gianni De Michelis ("Mai sentito nominare Letizia"); Gennaro Acquaviva ("Mai sentito nominare Letizia, neanche dai napoletani"); Giulio Di Donato ("Questo signor Letizia, nel panorama napoletano e campano dei socialisti, non esisteva, a mia memoria"). Ancora più efficace la contestazione di Stefano Caldoro: "Proprio nei primi anni novanta, abitavo al Raphael tutte le volte che mi fermavo a Roma. Si scherzava sulla intraprendenza di Martino (...) ma escludo categoricamente di aver mai visto e sentito che questo Letizia venisse presentato a Craxi. Perché mai l'avrebbero dovuto presentare? Non era un dirigente, non era un esponente del sociale, non era un militante" (Ancora Repubblica, 11 maggio 2009). L'occasione dell'incontro tra Berlusconi e Letizia è ancora da chiarire. Come i tempi della decisione del presidente del Consiglio di partecipare alla festa di compleanno di Noemi. Al Corriere della sera, 4 maggio, così Berlusconi ha spiegato la sua presenza a Napoli: "Racconto come è andata veramente. Quel giorno mi telefona il padre, un mio amico da tanti anni. E quando sa che in serata sarei stato a Napoli, per controllare lo stato di avanzamento del progetto per il termovalorizzatore, insiste perché passi almeno un attimo al compleanno della figlia. La casa è vicina all'aeroporto. Non molla. Io non so dir di no. Eravamo in anticipo di un'ora e ci sono andato. Nulla di strano, è accaduto altre volte per compleanni e matrimoni". Berlusconi, dunque, partecipa alla festa per un atto di affetto nei confronti di Elio Letizia. Non si parla di Noemi né di altra necessità politica o urgenza di altra natura. Diversa la versione offerta, lo stesso giorno (4 maggio) alla Stampa: "Suo padre, che conoscevo da tempo, mi ha telefonato per chiedermi se lasciavo fuori Martusciello (Flavio, consigliere regionale del PdL) dalle liste per le Europee, io gli ho spiegato che avrei cercato di mettere sia l'ex-questore Malvano (Franco, già candidato a sindaco di Napoli) sia Martusciello e che stavo arrivando a Napoli per dare una spinta ai contratti per i nuovi termovalorizzatori che sono frenati dalla burocrazia. A quel punto lui mi ha interrotto e mi ha detto: "Stavi venendo a Napoli? Io stasera festeggio il diciottesimo compleanno di Noemi, perché non vieni con un brindisi, lo facciamo in un locale poco distante dall'aeroporto. Ti prego vieni sarebbe il più bel regalo della mia vita". Così ci sono andato...". Berlusconi aggiunge qualche dettaglio in più nel solco di questa versione, il 5 maggio, durante Porta a Porta: "Ero al salone del Mobile della Fiera di Rho, imbarazzato per i cori "Meno male che Silvio c'e", "Magico" e il capitano dell'elicottero mi ha detto che era in arrivo entro mezz'ora un temporale che ci avrebbe costretto ad andare in macchina a Linate. Per questo siamo partiti in anticipo e [visto il tempo a disposizione, prima di] una riunione politica che avevo in serata [con il ristorante a soli tre minuti dall'aeroporto] sono entrato..." Anche questa ricostruzione trova delle evidenze che la contraddicono. Berlusconi giunge a Napoli con un regalo per Noemi, "cerchi concentrici in oro rosa arricchiti da una cascata di diamanti bianchi montati su oro bianco, 6mila euro, il ciondolo è anche nella collezione di Sophia Loren" (Gente, 19 maggio). Si è molto discusso di questa circostanza che, al contrario, non pare molto significativa: il presidente potrebbe aver a bordo del suo aereo dei cadeaux da distribuire secondo necessità. Più interessante è che l'aereo di Berlusconi giunga a Napoli con un'ora di anticipo rispetto all'inizio della festa e il presidente attenda nell'aeromobile per un'ora prima di muoversi ed entrare "cinque minuti dopo l'arrivo in sala di Noemi" (Annozero, 7 maggio). Secondo la testimonianza di un fotografo, ingaggiato dal patron del ristorante "Villa Santa Chiara", si sapeva da sabato 25 aprile dell'arrivo del premier e, in ogni caso, la "bonifica" della sala da parte della polizia è stata predisposta già nella mattinata, "alle 15", per alcune fonti del Dipartimento di sicurezza. (Repubblica, 9 maggio). Sembra di poter dire che non c'è stato alcun cambio di programma a Rho nel tardo pomeriggio di domenica 26 aprile. La partecipazione alla festa di Noemi era già nell'agenda del presidente da giorni, come dimostrano la "bonifica", l'attesa in aereo, l'arrivo nel ristorante subito quasi contestualmente all'ingresso della diciottenne come per un copione precedentemente preparato. C'è un'ultima contraddizione da sciogliere. La scelta o indicazione delle "veline" da candidare è stata opera di Berlusconi? A Porta a Porta, 5 maggio, il presidente del Consiglio sostiene di non aver messo becco nella candidature europee: "Le candidature per le Europee non sono state gestite direttamente dal premier. Ad occuparsene sono stati i tre coordinatori del PdL Bondi, La Russa e Verdini che "da migliaia di segnalazioni sono giunti a 500 schede" per individuare i 72 candidati si sono orientati secondo le indicazioni del congresso, spazio ai giovani e alla donne. Tra questi candidati nessuna è qualificabile come velina" (resoconto delle parole del premier a Porta a porta, 5 maggio, tratto dal Giornale, 6 maggio). Berlusconi ammette però di avere discusso con Elio Letizia (non è un dirigente del PdL né, che si sappia, un iscritto al partito) le candidature di Malvano e Martusciello e per farlo lo raggiunge addirittura a Napoli alla festa di sua figlia. La circostanza appare contraddittoria e, senza altre spiegazioni, inverosimile. Il rosario di incoerenze che si incardina sulla questione politica posta da farefuturo e dalla signora Lario (come Berlusconi seleziona le classi dirigenti) sollecita di rivolgere a Berlusconi dieci domande: 1. Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio? 2. Nel corso di questa amicizia, che il premier dice "lunga", quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni? 3. Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso - come ammette anche Berlusconi - il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia? 4. Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati, perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società meridionale? 5. Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? 6. Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove? 7. Berlusconi si occupa dell'istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia? 8. E' vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l'accesso alla scena politica e questo "uso strumentale del corpo femminile", per il premier, non "impoverisce la qualità democratica di un paese" come gli rimproverano personalità e istituzioni culturali vicine al suo partito? 9. Veronica Lario ha detto che il marito "frequenta minorenni". Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o "alleva", per usare senza ironia un'espressione della ragazza di Napoli? 10. Veronica Lario ha detto: "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E' stato tutto inutile". Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell'Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l'esito di "una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità". Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?

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domenica 10 maggio 2009

Una risata ci seppellirà

di Alessandro Portelli, dal Manifesto del 9 Maggio 2009, pag. 1

L’ultima volta che sono stato in metropolitana a Milano i po­sti erano tutti occupati - an­che se non so da chi e se con adegua­to diritto di sangue - per cui sono sta­to in piedi. Se non altro, tenendomi agli appositi sostegni, non ho dato oc­casione a nessun padano di prender­sela anche per questo con Roma ladrona. Almeno su questo, ho la co­scienza a posto, adesso che, nella «ca­pitale morale» del paese, il capogrup­po in consiglio comunale di un parti­to di governo - non il primo che pas­sa, insomma - se ne esce dicendo che bisogna riservare ai nativi un congruo numero di posti a sedere. E nessuno lo caccia fuori a calci.

La domanda politica principale in questi giorni è la seguente: «Ci sono, o ci fanno?» Diceva Carlo Marx che la storia avviene in tragedia e si ripete in farsa. Se fosse così, non avrebbe sen­so disturbare il fantasma di Rosa Parks, la signora afroamericana che consapevolmente decise di sfidare le leggi razziali dell’Alabama rifiutando di cedere il posto a un bianco. E anco­ra meno ne avrebbe evocare la memo­ria delle leggi razziali come hanno fat­to Franceschini e Amos Luzzatto. In fondo, diciamo, quella del dirigente le­ghista milanese è solo una delle solite boutade, lo sa anche lui che non è de­stinata a essere messa in pratica.
Il problema però è che- come sape­va benissimo William Shakespeare -tragedia e farsa invece sono insepara­bili e si specchiano fra loro. La trage­dia può scadere in farsa, ma la farsa prepara la tragedia. E a forza di dire che le sparate dei leghisti, del loro lea­der Bossi e del loro guru Gentilini (e del loro compare Berlusconi) sono folklore, colore locale, spiritosaggini che non vanno prese sul serio, intan­to non ci accorgiamo che queste buf-fonate stanno diventando realtà in spazi assai più vasti e cruciali dei vago­ni milanesi: è l'intera Italia che si tra­sforma in territorio segregato, con scuole e ospedali riservate agli indige­ni, e galera per chi ne varca gli inviola­bili confini. Le schifezze folkloristiche locali si allargano e diventano politi­che governative nazionali: Gentilini propone di prendere a fucilate gli im­migrati come leprotti a Treviso, e tutti ridono; il suo capopartito Calderoli propone di prendere a cannonate le barche dei migranti senza permesso nell'Adriatico, e ci cominciamo a preoccupare; il loro ministro Maroni la­scia le barche alla deriva, rispedisce i migranti al mittente e se ne vanta, e la gente comincia a morire. La farsa mi­lanese si fa tragedia nei campi di con­centramento dei migranti in Libia, nei suicidi nei centri di detenzione ed espulsione in Italia. Non «ci fanno»; ci sono, e fanno finta di non esserci.
II nostro paese è dominato della ter­ribile serietà del poco serio. Berlusconi che fa cucù alla Merkel, che vuole palpeggiare l'assessora trentina, che dice ai terremotati di considerarsi in campeggio, che racconta sadiche bar­zellette sui campi di sterminio e sui desaparecidos non fa ridere non solo perché non è spiritoso, ma soprattut­to perché questi sono discorsi seri, in cui ridefinisce la correttezza politica nella nuova Italia: sono il linguaggio che da forma alla pratica dei rapporti fra gli stati, fra i generi, fra le classi, fra la vita e la morte. E' tutto uno scher­zo, è tutta una farsa - che si porta via con un ghigno le cose poco serie co­me i soldi della ricostruzione in Abruz­zo, le politiche per la crisi, i morti sul lavoro, i posti di lavoro, i diritti e i sala-ri, la dignità delle donne e dei migran­ti, la bambina ammazzata dai nostri ragazzi in Afghanistan, e altre pinzil-lacchere. Forse «ci fanno» e non «ci so­no» solo perché in questa commedia sta tutto il loro esserci. Dicevamo «una risata vi seppellirà». Avevamo torto. La risata sta seppellendo noi.

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sabato 9 maggio 2009

Veronica e Silvio

di Clelia Mori
Le femministe aspettavano da molto un incontro tra il privato in cui le donne sono signore, e il pubblico, dove la signoria soprattutto politica l’hanno gli uomini. Dall’incontro dei due spazi speravano potesse nascere una cosa buona. Con Veronica e Silvio il momento pare sia arrivato e ad alto livello, ma non si sa se sarà buono. C’è abbastanza silenzio in rete per capirlo.
Comunque Veronica ha detto basta, il suo privato si è scontrato sul tutto pubblico di Silvio e l’incontro tra i due spazi di vita comune è esploso, dolorosamente come in tante unioni. Silvio ha come sempre pubblicamente strafatto, stupito e forse stordito non si è reso conto di come il mondo oggi è cambiato per “colpa” delle donne.Uno come lui, che ha saputo imporre un impero televisivo e politico al paese dribblando con le regole e che su quello ha fatto sognare gli italiani, convincendoli che con un po’di furbizia si arriva anche molto in alto e che tutti lo possono fare, non si è accorto che quel mondo femminile per lui fermo all’operetta, rivista al duemila, fermo non è mai stato. La sua visione “orizzontale”delle donne, assecondata dal bisogno di molte ragazze e signore di esistere per condividere riflessi di potere, lo hanno costretto a credere quello che voleva, persino nel privato: oggi le donne tacciono se le metto su uno schermo o in parlamento o se le copro d’oro. Anche le mogli.Il mondo maschile che si è costruito intorno, non poteva essergli di aiuto a capire le donne di oggi e la selezione dei suoi uomini, troppo conforme a un’idea di scambio col potere economico, non glielo ha permesso; a loro la sincerità non è richiesta.Uomini, ma di quali “uomini” parliamo mi verrebbe da dire se in tutta fretta due giornalisti - uno di parte e l’altro meno - e un presidente del consiglio “devono” occupare ore di trasmissione in un canale pubblico per convincere una moglie, lì assente, e gli italiani e le italiane che ha sbagliato giudizio su quell’incredibile marito?Di quali uomini parliamo, se persino quelli dell’opposizione non colgono il cambio di cultura dello spazio pubblico-privato che le donne hanno agito e non vedono che a Porta a porta invece si mette in scena una forma di violenza istituzionale contro la e le donne, Veronica per tutte? Ma dove sono finiti gli “uomini”, quelli che in politica vogliono far credere di essere in grado di occuparsi indifferentemente degli uni e delle altre? Non vedo uomini che curano anche le donne, come promettono quando chiedono i voti.Ma che signora la moglie! E che potere quando non sta più al gioco simbolico dell’uomo e mette sul piatto il suo! Apre il vaso di Pandora e costringe, oltre alla vergogna della celebrazione del Porta a porta e a molti altri lamenti mediatici, persino il clero del Family day, quello che indifferente è andato a braccetto per anni col marito, a prenderne le distanze invocando, forse troppo tardi, sobrietà per la carica che ricopre.Possono questo le mogli oggi quando prendono la parola in pubblico, cambiare quello che non si è mai voluto e potuto vedere. Reggere persino uno scontro doloroso tra vetrina e vita, 24 ore su 24 con la scomparsa del confine tra pubblico e privato – residenze, aule parlamentari, proprietà, feste, G8, terremoti, fotografie, sorrisi, predellini, bandane, sederi da palpare (la repubblica del 6 maggio) - e privato di lei.Due misure simboliche differenti che intersecandosi fanno esplodere il groviglio del pubblico-privato. Difficile non cogliere anche quanto di maschile malato c’è nello spazio pubblico con la richiesta di silenzio che tutto il centrodestra, al contrario del centrosinistra, si guarda bene dal praticare, per salvarsi dallo sconquasso che può una moglie.Allora davvero solo dall’interno del suo castello, ha ragione Ida Domijanni, poteva arrivargli una contraddizione forte, se la perfezione non esiste e i giocattoli, soprattutto se televisivi, sono falsi. E poteva arrivare solamente dall’altra che con lui aveva una relazione paritaria e differente per tenere in piedi la coppia. Insomma, se la sua corte gli ha filtrato un mondo altro, uno spot televisivo patinato e consenziente che non conteneva più alcun virus estraneo, nessuno e nessuna poteva dirgli quello che le donne oggi sanno e solo sua moglie aveva il potere di farlo. E lo ha fatto dicendolo al mondo. Mi viene voglia di ringraziarla, per aver cancellato in un colpo solo tutte le volte che suo marito mi ha fatto star male con le sue idee sulle donne, se poi penso a Eluana partoriente...Speravo però che Franceschini sapesse, avesse letto, in tutti questi anni da politico maschio, un po’ di pensiero femminista, e che almeno lui e le donne del suo partito riuscissero a trarre un vantaggio da questa storia per modificare il “ciarpame” della politica italiana. Magari partendo anche dalla difesa di una donna che si ribella ad un potere patriarcale così ben rappresentato che condiziona uomini e donne e a cui perfino Fini, per motivi vari, si è ribellato; anche se lei è già brava a difendersi da sola e senza la paura di sentirsi dire che è di sinistra difenderla. Cos’altro deve accadere intorno alla dignità delle donne per sceglierle come molla per cambiare il mondo? Ma Franceschini non l’ha fatto.Anche le non occidentali cercano di muoversi con dignità, perché nò le italiane e una moglie che non ha altro da proteggere, dopo 15 anni di silenzio pubblico, che la dignità di sè e di madre.Il privato femminile è intraducibile nel mondo televisivo dei reality e del branco politico dominante, ma c’è, e può diventare pubblico nello smascherare quello maschile. Forse una minor fiducia degli uomini tutti nella vita plasticata del tubo catodico potrebbe osare mettere insieme privato e pubblico senza far esplodere una famiglia, un paese e la relazione tra i due sessi e trarne invece un qualche bene comune. Seguire una famiglia dal vero è diverso che seguire un paese in televisione e nei night con la pretesa di non farsi e fare del male.Meno male che Veronica ha detto basta alla rap-presentazione malata della sua relazione personale, partitica e di governo. Speriamo resista anche per noi.Poter rendere nudo il re è un dono. Ma Veronica non può fare il nostro lavoro di maturazione se noi non proviamo a parlarne, magari senza che ci faccia velo la sua ricchezza e la sua posizione e senza farci prendere dallo sconforto o dalla lontananza. Con la scusa che tra moglie e marito…Il simbolo libero che lei ha scelto di rappresentare oggi come donna può essere ed è di tutte, anche per le politiche, anche per quelle donne che restano in famiglia perché non sanno come altro fare.
Clelia Mori 8.5.09

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