martedì 23 febbraio 2010

Attenzione! ci siamo trasferiti!

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ciao, d.a.

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Telefascismo - Marco Travaglio (da YouTube)





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domenica 21 febbraio 2010

Capo corrotto, nazione infetta

di Alberto Asor Rosa, da Il Manifesto on line
Un fiume di fango corre per l'Italia. Le sue acque sono alimentate soprattutto dal corpaccio immenso e immensamente ramificato dal centrodestra; ma il suo corso è talmente possente e impetuoso che, come suole, ha rotto gli argini e invaso i territori circostanti, quelli del centrosinistra, dai quali, a loro volta, provengono al fiume principale rivoli, ruscelli, scarichi obbrobriosi e maleodoranti (Bologna, Firenze, Abruzzo, Roma, Napoli....). Altro che Tangentopoli!


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L'Aquila, la protesta delle mille chiavi - Video - RepubblicaTv - la Repubblica.it

L'Aquila, la protesta delle mille chiavi - Video - RepubblicaTv - la Repubblica.it

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Presidio alla Fiat di Avellino, la polizia usa le maniere forti. Rinaldini: superata la decenza

da: L'Unità on line


Tensione fuori dai  cancelli della Fma (di proprietà della Fiat) a Pratola Serra, Avellino. All'alba  la polizia ha rimosso il presidio di circa 200 operai davanti ai cancelli dello stabilimento che produce motori per la Fiat. La protesta dei lavoratori, in corso da lunedì, aveva lo scopo di sensibilizzare le autorità e l'opinione pubblica sui problemi dell'azienda, nella quale una parte dei 1.700 dipendenti è stata posta in cassa integrazione straorinaria.


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giovedì 18 febbraio 2010

Dopo la presentazione del libro “La paura degli uomini” ci siamo date/dati appuntamento per parlare di lavoro partendo da un punto di vista che intreccia vita e lavoro.

Incontro con Lia Cigarini e Silvia Motta, tra le autrici del Sottosopra “Immagina che il lavoro….”


(primo avviso con qualche considerazione)


Sabato 13 Marzo, Ore 15 – 18,30  Sala Palazzo Magnani – Corso Garibaldi n.31


promosso da  . 6Donna e  Reggio Fahrenheit: Carla Colzi, Leonardo Angelini, Clelia Mori, Luisa ferrari, Tina Romano e Carmen Marini


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Sono passati quattordici anni dall’uscita del Sottosopra rosso nelle cui pagine le donne del femminismo italiano scrivevano: 


“Non si può vivere la crisi di questa fine secolo, che è anche una fine millennio, senza portare sul mercato tutto, la propria forza lavoro, ma anche i sentimenti, le aspettative, gli affetti, le aspirazioni…”



Nell’autunno del 2008 esplode la bolla dei mutui subprime e crollano le maggiori banche internazionali: la superclasse di finanzieri, la più maschile delle caste di potere insieme a quella cattolica, uomini veri con potere vero, ha giocato con modelli matematici imperfetti, animata solo da cupidigia, spregiudicatezza priva di senso etico e di regole, mentre la terza casta maschile, quella dei politici stava a guardare compiaciuta.


Il lavoro oggi sembra circondato da un deserto simbolico: è crollato il mito della classe operaia come soggetto forte della trasformazione sociale, domina l’incertezza delle nuove modalità dello sfruttamento attraverso la precarizzazione dei rapporti di lavoro, si aderisce totalmente,donne e uomini, alle filosofie di appartenenza all’azienda per fare un po’ di carriera, subordinando sempre più spesso al lavoro un mondo di relazioni che fanno parte della vita di ognuno.


Dalla stagione delle consigliere di parità e della conciliazione  fra tempi di vita e di lavoro, come sono uscite le donne, soprattutto le donne del doppio sì?


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APPELLO AI CANDIDATI DI SINISTRA: DITE CHIARO E FORTE CHE LE DONNE NON SONO UNA MERCE DI SCAMBIO

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viaLettere (e Filosofia).

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mercoledì 17 febbraio 2010

Ecco cosa c’è dietro via Padova


di Annamaria Rivera, da “Liberazione”, di oggi, pp. 1 e 5



A ottobre del 2002, nella campagna bresciana, un quartetto di maschi, tre adolescenti e un adulto, italiani doc, sequestrò e uccise a coltellate una quattordicenne, dopo aver cercato di violentarla.


Pescando a caso nella cronaca più recente, si trova che ad agosto del 2009, a Foggia, un diciannovenne italiano uccise a colpi di coltello un diciassettenne italiano. Volendo poi allargare la ricerca alle risse che hanno per protagonisti maschi di giovane età, troviamo, fra i casi numerosi, che ad aprile del 2009 a Roma, in via del Corso, uno dei due giovani fermati dalla polizia -di 16 e 17 anni e “di buona famiglia” (italiana, of course)- era armato di coltel­lo a serramanico.


Sono solo tre esempi di una tendenza confermata da statistiche e studi criminologici: i crimini violenti, fino all’omicidio, compiuti da giovani, anche minori, sono in crescita, così come il fenomeno delle bande giovanili e dell’uso di armi da taglio. I tre fenomeni sono trasversali alle classi sociali, alle aree del Paese, alle origini nazionali.


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domenica 14 febbraio 2010

Il memoriale di Renato Soru: i lavori, gli appalti, le pressioni

da L'Unità on line:
Il memoriale di Renato Soru: i lavori, gli appalti, le pressioni


Ottobre 2007. Il Decreto Prodi che ha avviato il progetto prevede la collaborazione di due enti responsabili: il Comitato di indirizzo (presieduto dal Presidente della Regione) e l'ente attuatore che ha la mera responsabilità amministrativa e tecnica e che dà alla Presidenza del Consiglio la garanzia del rispetto della necessaria segretezza e dei tempi. Il decreto prevede inoltre l'assicurazione di una quota di lavori alle imprese sarde. Si inizia bene, in un clima di fiducia e collaborazione tra Regione e Protezione civile, coinvolgendo l'amministrazione comunale e gli altri organismi interessati.


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L'Aquila, oggi domenica 14.2.10

da Repubblica on line:

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Il ’68 di Basaglia fra il popolo dell’Isolotto

Ricordo di un fecondo incontro con il padre della psichiatria democratica italiana


Il ’68 di Basaglia fra il popolo dell’Isolotto


da: La Repubblica – Firenze pag. XIII – sabato 13 febbraio 2010

Enzo Mazzi



C’è un legame assai interessante fra l’esperienza di Franco Basaglia e la realtà culturale fiorentina più aperta alle grandi trasformazioni degli anni ’60. La fiction C'era una volta la città dei matti per chi ha vissuto il ’68 è stata come un tuffo in quell’immenso crogiolo di esperienze innovative, sogni e speranze che ha trovato a Firenze un protagonismo non marginale. E’ bene che i giovani siano resi per quanto possibile consapevoli dei legami profondi fra le varie realtà che si fondevano in quel crogiolo. Basaglia non era affatto un profeta isolato. E la liberazione dei pazzi era strettamente legata al sogno e ai tentativi di liberazione della società intera da ogni forma di alienazione attraverso la rete delle relazioni: la comunità liberante.


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sabato 13 febbraio 2010

Lettera al Manifesto

inviata stamattina al Manifesto (io lo vivo come un atto di amore)

d.a.

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sono abbonato e socio. Vi leggo da quando eravate  rivista (ho 65 anni).

Rinnoverò l'abbonamento (che scade a giugno), ma in verità da un po' di tempo nei confronti del giornale nutro un crescente disamore. A parte le pagine di economia, il resto non mi piace.

Soprattutto le pagine culturali che, in base ad una visione "alta" della cultura, sottovalutano ciò che, a livello culturale, sta avvenendo nelle istituzioni (scuola, sanità, psichiatria, sociale) e nella società. Le pagine politiche spesso non sono in grado di andare oltre le giaculatorie di ciò che rimane della sinistra radicale: e "oltre" c'è la società che si muove, e che vi sfugge, compagni! Sul tema della giustizia, poi, a volte (scusate!) sembrate dei censori di regime.

A mio avviso ha ragione il compagno che vi invita a considerare le nuove vie della comunicazione. Fate una cura dimagrante, buttate a mare coloro che hanno fatto delle pagine culturali e sportive una piccola e angusta sine cura .. e copiate il modello del "Fatto quotidiano", che cresce perché morde!

Senza i soldi dello stato è possibile!!

Ps: io lavoro nella psichiatria (sono uno psicologo): chiedetevi come mai vi sfugge tutto ciò che sta avvenendo nel termidoro della 180. Non è che i vostri punti di riferimento in proposito nel frattempo sono diventati diversi – cioè molto più di destra -  dal momento in cui si rivolgevano a voi come portatori del rinnovamento psichiatrico?

Dino Angelini, abbonato e socio
Via Ettore Barchi 8

42100 Reggio Emilia
ps: se mi censurate sappiate che questa sarebbe l'ottava censura nei miei confronti negli ultimi anni

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venerdì 12 febbraio 2010

Il Manifesto: saliamo sul tetto





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giovedì 11 febbraio 2010

Alì dagli occhi azzurri

il video propostoci da Francesca e - subito dopo - uno scritto mio e di Deliana, in cui alla fine si cita proprio questa bellissima poesia di Pasolini:







Quindici punti per avviare una riflessione sulla prevenzione fra i giovani reggiani d’oggi (Dic. 1998)

(apparso in: Storie di Famiglie, a cura di Vanna Iori e Marita Rampazi)

1. Con questo contributo intendiamo entrare nel merito dei problemi del rapporto fra la generazione dei giovani e quella dei padri e, più in specifico, sul tema della prevenzione fra i giovani, tema che l’attuale ricerca condotta dalla dott.sa Rampazi, a nostro avviso, non ha evidenziato a sufficienza. Il discorso sui giovani che, all’apparenza, a Reggio Emilia vede tutti concordi, in effetti presenta al proprio interno aspetti molto controversi, che meritano un’attenzione maggiore di quella che hanno fin qui ottenuto, ed - oseremmo dire - un atteggiamento più discriminato, più dialettico, più autocritico da parte di tutti, noi scriventi compresi.

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mercoledì 10 febbraio 2010

Lo sguardo DIVERSO

di Rossana Rossanda, da Il Manifesto on line


In «Quartetto per masse e voce sola» di Biancamaria Frabotta e in «Mondo privato e altre storie» di Marta Dassù, riflessioni su di sé di due autrici fuori dall'ordine simbolico corrente
Ma come siamo, noi donne nell'Italia del 2000? Quelle del ceto medio acculturato, spesso ma non sempre single, spesso ma non sempre madri, spesso interessate a un sapere, a una competenza e talvolta a una causa - insomma né casalinghe né escort né rese cadaveri da congiunti e correligionari? Eppure siamo molte, donne sessuate ma già fuori dal «patriarcato» se, come penso, la prima liberazione sta nel costruirsi a prescindere dall'uomo che avremo o non avremo, e quindi dall'architrave dell'ordine simbolico corrente. Cosa non semplice, perché si dispiegano le domande sull'io e sul senso. Sono in gran parte itinerari di solitudine ma non di infelicità. Ne testimoniano, uscite quasi assieme, due riflessioni su di sé di autrici assai diverse.


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La scuola col segno meno

di Cinzia Gubbini, dal Manifesto on line

Così da ieri la scuola secondaria superiore italiana è stata «riformata». A scorrere il calendario non accadeva dal 1923, anno della cosiddetta riforma Gentile. E a raggiungere un traguardo così ambizioso è il ministro dell'Istruzione Maristella Gelmini, che ieri ha incassato dal Consiglio dei ministri l'ok ai regolamenti con cui riorganizza i licei, i tecnici e i professionali. In effetti, però, la cosiddetta «riforma Gelmini» allo stato non è altro che una riorganizzazione delle scuole superiori: si sfoltiscono gli indirizzi e si riaggiustano gli orari (perdipiù tagliando le ore di lezione a scuola) e inoltre si riequilibra il peso di alcune discipline rispetto ad altre. I detrattori definiscono l'intera operazione un taglio epocale, una misura mirata esclusivamente a risparmiare risorse. Ma dietro c'è molto di più: sulla scorta di una vulgata efficientista il governo ha di fatto separato in due il sistema scolastico.

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lunedì 8 febbraio 2010

Con Flavio e Cinzia, torniamo nel marasma maschile.

di Clelia Mori

Cinzia e Flavio.

E’ l’ennesima storia di sesso e potere raccontata da una donna, rifiutata da un uomo del centrosinistra, nel sexigate della politica italiana, scoppiato dall’estate scorsa. Si sa. E chissà quante ce ne sono, e magari le conosciamo anche, con la storia d’amore e carriera di Cinzia, a destra e a sinistra. La punta dell’iceberg berlusconiana, era una sintesi personale e d’antan, di tutte le esasperazioni tra sesso è potere di cui sono capaci i politici italiani con le loro donne o i loro amori, ognuno nel loro grande-piccolo. Ma per ora stiamo a Cinzia e Flavio. Anche perché per molti maschi non c’è scandalo nel loro gioco tra sesso e potere, ma solo esibizione di forza e se scandalo c’è viene delegata a parlarne una donna, come è accaduto, per fortuna nostra che così l’abbiamo saputo, quest’estate a Fare Futuro

Il massimo, invece, che il centro sinistra ammette passa dal gossip al “rovinare una vita per una manciata di spiccioli”..

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Con Flavio e Cinzia, torniamo nel marasma maschile.


di Clelia Mori
Cinzia e Flavio.
E’ l’ennesima storia di sesso e potere raccontata da una donna, rifiutata da un uomo del centrosinistra, nel sexigate della politica italiana, scoppiato dall’estate scorsa. Si sa. E chissà quante ce ne sono, e magari le conosciamo anche, con la storia d’amore e carriera di Cinzia, a destra e a sinistra. La punta dell’iceberg berlusconiana, era una sintesi personale e d’antan, di tutte le esasperazioni tra sesso è potere di cui sono capaci i politici italiani con le loro donne o i loro amori, ognuno nel loro grande-piccolo. Ma per ora stiamo a Cinzia e Flavio. Anche perché per molti maschi non c’è scandalo nel loro gioco tra sesso e potere, ma solo esibizione di forza e se scandalo c’è viene delegata a parlarne una donna, come è accaduto, per fortuna nostra che così l’abbiamo saputo, quest’estate a Fare Futuro
Il massimo, invece, che il centro sinistra ammette passa dal gossip al “rovinare una vita per una manciata di spiccioli”..
Ma sì c’è della stanchezza. Va ammesso. Soprattutto tra donne! Si fa fatica a parlare ancora. E come dice Letizia Paolozzi su Donnealtri.it: quasi quasi divento moralista. E’come non aver voglia di ripetere le stesse cose a furia di vedere le mastodontiche, generali orecchie da mercanti assunte per convenienza, non solo di partito e di potere, ma di sesso molto infelice, maschile. Per quello strano meccanismo che eccita gli insicuri politici italiani, rassicurati soltanto dal molto potere. Perdendosi comunque, confusi e inconsci dei loro desideri profondi, dentro ai clichè maschili che si sono fatti bastare. Anche se sono istruiti, anche se sono potenti. Ecco che allora, quando tocca dalla loro parte, tacciono. Tacevano anche quest’estate e ancora si dava la colpa alle donne che non parlavano. Non la si dava ai silenzi della politica, che poi è degli uomini e delle donne della politica, non essendo mai neutra o un’entità superiore, ma solo un’interpretazione deformata dalla visione machile. Si dava la responsabilità alle donne, mentre si taceva a destra come a sinistra, e, ora, è vero, tacciono anche le donne. E allora, anche se questa volta è più piccolo, aleggia ancora lo scandalo solo sui silenzi delle donne.
Ma i silenzi di ieri e di oggi, sono diversi. E anche quelli delle donne sono diversi tra loro e la pasta del loro silenzio è diversa da quelli degli uomini. Così come le parole delle donne sono diverse tra loro e sono comunque differenti, soprattutto in questi casi, quelle che usano le donne da quelle che usano gli uomini. Con una particolarità per quelle femminili: spesso molte donne usano parole e simbolico maschile, con una verniciata femminista, per stare dalla stessa parte degli uomini e accade a destra come a sinistra seppur con postazioni, stavo per dire sfumature, culturali opposte. Le donne lo fanno per  proteggersi individualmente assicurandosi una carriera, mentre gli uomini, tranne una “elitè” come quelli di Maschile Plurale, usano tutti lo stesso linguaggio sessuato di autodifesa.
E’ così che le donne, per non cambiare mai, come Il Gattopardo insegna, lasciano sole le altre donne, quelle non imitative che non verniciano i propri linguaggi emancipativi, paritari o conciliativi di esotica differenza, ma lo sono davvero differenti, e cercano la loro nostra differenza anche per tutte noi. Fino ad arrivare alla raffinatezza di incolparle di non parlare come nel dibattito estivo dell’Unità, con la giusta attuale distinzione di Ritanna Armeni che rivendica bisogno di parola in ogni caso partitico. Fino a pensare che non c’è nulla da dire sullo squallore –questa è la sensazione che mi è rimasta leggendo l’articolo di Miriam Mafai su Repubblica- femminile, tra sesso e potere maschile, perché le donne sono ancora e sempre vittime,  non essendo ancora nelle stanze dei bottoni. Dando addirittura addosso ad un uomo, Gad Lerner, che dal suo spazio pubblico, finalmente come maschio quasi isolato del quarto potere, si permette di dire che non ci sta alla pretesa che le donne non si ribellino se viene calpestata la loro dignità, dopo un amore o un uso del corpo finito.
Ma pare che la Donna come Vittima sia ancora la Sirena da usare quando si parla di donne e delle loro reazioni alle relazioni che vivono. Davvero un po’ di moralismo e un po’ di vittimismo, mi piacerebbe chiamarlo piagnisteo, può ancora portare le donne nella stanze dei bottoni? Meglio arrivarci portate dal vittimismo piuttosto che da un sano senso di sé, intendendo finita l’epoca del silenzio anche sulla dignità femminile calpestata, ma ritrovata?
Ma quanto male ancora siamo disposte a dover accettare per avere diritti e dignità a partire dalle donne? Siamo cristianamente sempre pronte a vedere, in misura maggiore, i difetti nei comportamenti femminili rispetto a quelli maschili mentre i loro, in qualche maniera, ci scandalizzano meno, anche se ne chiediamo le dimissioni. Quasi come le chiedessimo malvolentieri. Almeno sento dentro questa sensazione. Anche il nostro senso dello scandalo al femminile è diverso e non solo i silenzi, non solo le parole delle donne, che non sono tutte uguali neppure quando scandalizzano, perse, noi e loro quando non facciamo chiarezza, tra emancipazione parità e tutto il resto che inventiamo per stare nell’orbita maschile. Tendendo ad una colpevole massificazione che confonde il mondo delle donne e non aiuta quello maschile ad uscire dai marasmatici acquitrini in cui è infilato da sempre.
E non serve rallegrarsi se in Lazio vince comunque una donna scelta dagli uomini. E’ una simbologia spuntata se non si ha il coraggio di permettere la ribellione femminile pubblica al silenzio sulla propria dignità..
Miriam, per ribellarsi al silenzio bisogna non aver peccato

3.2.2010

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domenica 7 febbraio 2010

Veleni ecclesiastici e morte del sacro

di Enzo Mazzi, da Il Manifesto online

Questi velenosi intrighi ecclesiastici che stanno emergendo in relazione al caso Boffo chiamano in causa responsabilità personali di altissimi prelati. Non è escluso che prima o poi venga tirata dentro la persona stessa del pontefice. Anzi c'è già chi parla di un suo coinvolgimento personale nella vicenda. C'è pane in abbondanza per i media che si nutrono di scandali. Ma è molto riduttivo e secondo me fuorviante questo ridurre tutto all'orizzonte scandalistico della colpa personale. Gli intrighi vaticani che stanno emergendo dovrebbero essere visti e analizzati come segnali potenti del fatto che è marcio nella radice il sistema ecclesiastico e più ampiamente il sistema del sacro.

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Veleni ecclesiastici e morte del sacro

di Enzo Mazzi, da Il Manifesto online
Questi velenosi intrighi ecclesiastici che stanno emergendo in relazione al caso Boffo chiamano in causa responsabilità personali di altissimi prelati. Non è escluso che prima o poi venga tirata dentro la persona stessa del pontefice. Anzi c'è già chi parla di un suo coinvolgimento personale nella vicenda. C'è pane in abbondanza per i media che si nutrono di scandali. Ma è molto riduttivo e secondo me fuorviante questo ridurre tutto all'orizzonte scandalistico della colpa personale. Gli intrighi vaticani che stanno emergendo dovrebbero essere visti e analizzati come segnali potenti del fatto che è marcio nella radice il sistema ecclesiastico e più ampiamente il sistema del sacro.
Non elaborare una tale analisi ci fa perdere ancora una volta un'occasione storica per la crescita culturale globale. Porre l'attenzione e forse la scure alla radice del sistema ecclesiastico vuol dire detronizzare non solo il papa ma il Dio stesso dell'onnipotenza e il Gesù divinizzato dal mito e reso il perno della cultura sacrificale.
Uno dei più noti testimoni della necessità di una tale crescita culturale è Dietrich Bonhoeffer. Rampollo dell'alta borghesia tedesca fonda insieme ad altri pastori la «chiesa confessante» in alternativa e opposizione all'ufficialità della Chiesa evangelica che si era compromessa con il nazismo e finisce in vari lager fra cui Buchenwald e Flossemburg dove viene impiccato il 9 aprile 1945. Nei due anni di internamento scopre l'assenza del Dio delle religioni. E in una serie di «lettere dal lager» scritte a un amico delinea una sorta di teologia della fede non-religiosa che consiste nel vivere nel mondo «come se Dio non ci fosse». Il fare a meno dell'ipotesi Dio nelle relazioni sociali e nella politica è finalmente il raggiungimento della maturità dell'esistenza umana e la condizione per l'assunzione piena della responsabilità. Lo stesso cristianesimo dovrà diventare una non-religione, come del resto era all'inizio. È complesso il pensiero del teologo dell'assenza di Dio ben oltre la mia semplificazione. E non è affatto nuovo. La novità sta nella sua contestualità storica legata all'assunzione della laicità come valore e nella sua diffusione planetaria.
Il messaggio di padre Ernesto Balducci mi sembra che si ispiri con forza a Bonhoeffer e anzi lo approfondisca: «Dio è la cifra assoluta dell'aggressività umana (...) Le religioni, nate come sono in questa cultura di guerra, sono sempre religioni di guerra, nonostante che esse magari esortino alla pace, invochino la pace. Esse legittimano il costume di guerra, le categorie mentali della guerra (...)Per vivere, esse devono morire». Sono affermazioni forti. E soprattutto sono centrali nell'elaborazione dello scolopio, figlio di un minatore dell'Amiata, rimasto fedele alla cultura popolare delle proprie origini.
Con altri accenti dice le stesse cose un grande maestro buddista zen, vietnamita, cresciuto nella solidarietà con la lotta anticolonialista del suo popolo,Thic Nhat Han: il buddismo deve morire come dottrina della «Pura terra senza sofferenza». Nella Pura terra il canto degli uccelli celesti è la voce del Dharma. Ma il canto di un uccello è il terrore dei vermi e degli insetti. Lo stesso suono che evoca bellezza può anche ispirare paura e dolore. La pratica buddista muta il samsara nella Pura terra ma può impedirci di vedere il dolore, l'angoscia, la sofferenza, le bombe, la fame, la corsa alla ricchezza e al potere. E la Pura terra può diventare anch'essa oppio.
Bonhoeffer, Balducci, Thic Nhat Hanh, testimoni esemplari fra tanti, danno voce e forma a un'inquietudine e a un impulso che sentiamo scaturire in noi dal profondo. I cattolici progressisti, quelli del «disagio», dell'accoglienza, dell'ambientalismo e della pace dovranno prima o poi incominciare a porre la scure alla radice della violenza nell'intimo dei sistemi religiosi. I cattolici dell'associazionismo progressista fanno propri i temi dei movimenti dal basso portando talvolta la radicalità e la forza dell'ispirazione evangelica. Questo è positivo. Ma il compito dei cattolici nei movimenti non può limitarsi ad essere una voce in più. Hanno un compito specifico specialmente nell'era dei fondamentalismi: sradicare la violenza dall'intimo degli apparati religiosi ed ecclesiali. Mentre anche loro di fronte al sacro si bloccano.
È il caso ad esempio dell'incontro di cattolici che si svolge oggi a Firenze per il secondo anno chiamato appunto «Firenze 2». Un settore significativo del cattolicesimo fiorentino aperto rivolge una critica agli organizzatori dell'evento: vi state adattando ai soliti «convegni di dottrina teologica calati un po' dall'alto ...pensiamo infatti che anche la stessa impostazione della giornata, pur su un tema così attuale e con momenti di preghiera, risenta della volontà di prescindere dalla contingenza che quei temi portano quando invece noi crediamo che la contingenza del tempo presente necessiti in certi momenti storici della forza dello svelamento, della traduzione di quei principi, di quelle linee nella nostra vita ecclesiale, senza silenzi che non sarebbero compresi». Ma aiutare le religioni a morire, con tutta l'incertezza e il rischio che comporta, e con tutta la saggezza che richiede, non può essere ancora una volta un impegno per soli religiosi. Ha ragione il sociologo Franco Ferrarotti nel sostenere che la fame di sacro e il bisogno di religione vanno sottratti all'abbraccio mortifero della religione-di-chiesa, burocratica e gerarchicamente autoritaria, ma aggiunge che ciò va fatto con una lotta su più fronti, «dentro ma anche fuori della chiesa».
Insomma i laici non possono più continuare a chiamarsi fuori dai problemi religiosi, ecclesiali e perfino teologici. Le frontiere della laicità non si possono più disegnare in base al muffito metro del credere/non credere. C'è bisogno di consapevolezze nuove e di percorsi inediti. Val la pena di tentare?

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sabato 6 febbraio 2010

Macelleria contabile. La fine della scuola


di Fabio Luppino
Ormai non c’è più niente da fare. Manca il placet del governo, che potrebbe arrivare oggi o nel prossimo Consiglio dei ministri. La riforma che depotenzierà lo studio di moltissime materie nelle scuole superiori e che taglierà migliaia di posti di lavoro, ieri ha avuto il sì, pd contrario, non l’Udc, (tra l’altro non vincolante) della commissione competente in Senato. Che si possa fare così, quasi in silenzio, con dei regolamenti (che vi abbiamo diffusamente illustrato su queste pagine e che potete vedere sul sito http://nuovilicei.indire.it/) lo prevede la Finanziaria del 2008, attraverso cui si è delegato il governo a fare e ad infischiarsene di un reale dibattito parlamentare. Buio sulla scuola, dunque.

Fine delle sperimentazioni nei licei; fine delle attività pratiche nei tecnici (dall’Agrario, ai Nautici ai Tecnici industriali, e poi lo stesso governo ci propone l’apprendistato a quindici anni, togliendolo da un percorso formativo vero); fine dello studio di due lingue straniere; fine dello studio della geografia, di cui parleremo nella pagina seguente; latino solo in uno dei tre scientifici che rimarranno. «Siamo sbalorditi e turbati di fronte all’indifferenza con cui il governo ha dimostrato di voler risolvere i gravi problemi che affliggono la scuola italiana», ha detto la presidente del Gruppo del Pd, Anna Finocchiaro, a commento del via libera ai regolamenti sulle scuole superiori della commissione Istruzione del Senato. «Hanno vinto i diktat di Tremonti - ha precisato Finocchiaro - preoccupato solo di contenere la spesa pubblica, come ha sottolineato più volte nei suoi pareri il Consiglio di Stato.

Il governo ha scelto la strada più veloce e meno democratica, privando il parlamento e il Paese di un confronto serio e doveroso. La scuola italiana avrà meno ore da dedicare agli studenti, meno materie e anche meno insegnanti, perché nulla è stato fatto per garantire il posto di lavoro alle migliaia di precari che, dopo anni di dedizione e attesa, sono costrette a fare i conti con un futuro privo di certezze.

La scuola italiana, così come esce da quella che si ha il coraggio e la sfacciataggine di definire una riforma, è un salto all’indietro. Un’offesa per il nostro Paese, al quale non si vogliono offrire gli strumenti per affrontare sfide importanti nel campo della conoscenza, dell’innovazione, dell’investimento sui giovani e sul sapere». Buio anche sul percorso. Perché al momento i regolamenti per le superiori non sono pubblici e le famiglie hanno due mesi di tempo per scegliere il futuro scolastico dei propri figli. Buio per i docenti: non si sa se la cosiddetta riforma partirà solo per le prime classi dal prossimo anno scolastico o se pure per le altre, minando un percorso di formazione scelto su altri presupposti.

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Macelleria contabile. La fine della scuola


di Fabio Luppino
Ormai non c’è più niente da fare. Manca il placet del governo, che potrebbe arrivare oggi o nel prossimo Consiglio dei ministri. La riforma che depotenzierà lo studio di moltissime materie nelle scuole superiori e che taglierà migliaia di posti di lavoro, ieri ha avuto il sì, pd contrario, non l’Udc, (tra l’altro non vincolante) della commissione competente in Senato. Che si possa fare così, quasi in silenzio, con dei regolamenti (che vi abbiamo diffusamente illustrato su queste pagine e che potete vedere sul sito http://nuovilicei.indire.it/) lo prevede la Finanziaria del 2008, attraverso cui si è delegato il governo a fare e ad infischiarsene di un reale dibattito parlamentare. Buio sulla scuola, dunque.

Fine delle sperimentazioni nei licei; fine delle attività pratiche nei tecnici (dall’Agrario, ai Nautici ai Tecnici industriali, e poi lo stesso governo ci propone l’apprendistato a quindici anni, togliendolo da un percorso formativo vero); fine dello studio di due lingue straniere; fine dello studio della geografia, di cui parleremo nella pagina seguente; latino solo in uno dei tre scientifici che rimarranno. «Siamo sbalorditi e turbati di fronte all’indifferenza con cui il governo ha dimostrato di voler risolvere i gravi problemi che affliggono la scuola italiana», ha detto la presidente del Gruppo del Pd, Anna Finocchiaro, a commento del via libera ai regolamenti sulle scuole superiori della commissione Istruzione del Senato. «Hanno vinto i diktat di Tremonti - ha precisato Finocchiaro - preoccupato solo di contenere la spesa pubblica, come ha sottolineato più volte nei suoi pareri il Consiglio di Stato.

Il governo ha scelto la strada più veloce e meno democratica, privando il parlamento e il Paese di un confronto serio e doveroso. La scuola italiana avrà meno ore da dedicare agli studenti, meno materie e anche meno insegnanti, perché nulla è stato fatto per garantire il posto di lavoro alle migliaia di precari che, dopo anni di dedizione e attesa, sono costrette a fare i conti con un futuro privo di certezze.

La scuola italiana, così come esce da quella che si ha il coraggio e la sfacciataggine di definire una riforma, è un salto all’indietro. Un’offesa per il nostro Paese, al quale non si vogliono offrire gli strumenti per affrontare sfide importanti nel campo della conoscenza, dell’innovazione, dell’investimento sui giovani e sul sapere». Buio anche sul percorso. Perché al momento i regolamenti per le superiori non sono pubblici e le famiglie hanno due mesi di tempo per scegliere il futuro scolastico dei propri figli. Buio per i docenti: non si sa se la cosiddetta riforma partirà solo per le prime classi dal prossimo anno scolastico o se pure per le altre, minando un percorso di formazione scelto su altri presupposti.

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