domenica 8 febbraio 2009

Sull’assenza dei giovani dal presidio di ieri sera, 7.2.’09, a Reggio Emilia

di Dino Angelini
promosso dalla GCIL e dalle altre sigle che vedete nei post precedenti, sollecitato con un tam tam incentrato sul web e sui cellulari, ha visto la partecipazione di un nutrito numero di persone, fra le quali però spiccava la quasi totale assenza di giovani.
Ed è sul rischio della frattura intergenerazionale che vorrei incentrare il mio intervento, dando per scontato che condivido con tutti voi l’angoscia per le sorti della democrazia italiana, a seguito dei proclami golpisti che nella giornata di ieri ha fatto il presidente Berlusconi.
La domanda che mi faccio è questa: quali sono i motivi dell’assenza, ormai purtroppo consueta, dei giovani alle nostre manifestazioni? Sono essi il segnale di un loro disamore per le ragioni della sinistra? o più prosaicamente vanno ricondotti allo scarso appeal che questa sinistra mostra di avere ai loro occhi?

A mio avviso una parte (consistente) della risposta a questo interrogativo va ricercata nella nostra scarsissima propensione a metterci nei loro panni sulle questioni di tipo esistenziale connesse al precariato e, prima ancora, alle modalità attuali di ingresso nel mondo del lavoro.
Mi sono interessato, come psicologo dell’adolescenza di questi problemi e rimando a questo scritto coloro che fossero interessati ad approfondire il tema da un punto di vista psicologico: http://www.lacosapsy.com/fineadolesc.htm - Vorrei riprendere qui solo un aspetto della questione, diciamo uno di quelli più politici, nella speranza che gli amministratori di sinistra che avranno la ventura di leggermi comprendano gli esiti, a mio avviso esiziali, connessi alla precariarizzazione ed alla esternalizzazione del lavoro. È noto che - in parallelo con quanto avviene nei settori produttivi - le nostre istituzioni, in base a leggi che sono state promosse negli anni scorsi anche dalla sinistra, possono assumere o decentrare brevi manu porzioni ormai consistenti dei servizi e dei lavori infrastrutturali loro affidate. In entrambi i campi ciò significa costringere i giovani in uno stato di dipendenza, disarticolare le loro propensioni a vivere la dimensione collettiva dei loro problemi e, psicologicamente, comprimerli sine die in una condizione di post-adolescenti mai compiutamente adulti, e cioè autonomi e capaci di assumere con spirito critico una loro posizione sui problemi della polis (come giustamente auspicano Zagrebelsky e gli altri firmatari dell'appello "Rompiamo il silenzio").
Su questa modalità discrezionale di riconfigurazione del mondo del lavoro, si è andata solidificando nel tempo anche nelle nostre istituzioni di sinistra, una modalità clientelare di assunzione e di appalto che finisce o con il corrompere le coscienze dei giovani, costretti a vendere le loro coscienze pur di avere un posto, o con il sedimentare nelle menti dei migliori fra essi l’idea che la politica è una cosa sporca e che “tanto sono tutti uguali”.
Io - che sono pugliese d’origine, e che già conoscevo questo modo democristiano di operare nella sfera pubblica – penso che ci troviamo di fronte ad una pugliesizzazione delle nostre amministrazioni. E non è un caso che i più abili fra i nostri homines novi che guidano la cosa pubblica reggiana siano dei cattolici.


Questo è il blog di Reggio Fahrenheit

- se vuoi iscriverti alla nostra mailing list: invia una mail a fahre@email.it indicando il tuo nome e cognome