martedì 21 aprile 2009

La dittatura della parola. Intervista di Valentino Parlato ad Antonio Tabucchi - Terremoto 5

a cura di Valentino Parlato (da: Il Manifesto del 18.4.09)
Antonio Tabucchi è un vecchio amico del manifesto, lo raggiungiamo in Portogallo, che è una sua seconda (o prima) patria e gli chiediamo di scrivere un commento a ciò che accade in Italia. Tabucchi non è di buon umore e rifiuta in assoluto di scrivere per i giornali, anche per il manifesto, ma parla.

Volevamo chiederti un articolo sulla situazione italiana...Sulla situazione della stampa e della censura in atto, vuoi dire?
Sì, della censura in atto, con quello che è successo con Annozero io ti risponderei così. Alcuni anni fa - nel 2002 - scrissi un articolo che per altro è stato poi ristampato nel mio libro «L'oca al passo, notizie dal buio che stiamo attraversando», per Feltrinelli. Il titolo dell'articolo è «Il silenzio è d'oro», e comincia così: «Ci sono varie forme di dittatura in Italia è in atto una dittatura della parola».Cosa vuol dire dittatura della parola? Che non ci fanno parlare?

Continuo... «Perché la parola è d'oro e la possiede una sola persona un uomo politico che è contemporaneamente capo di un governo e il padrone di quasi tutti i media che tarsportano la parola». Quindi questa è una dittatura della parola nel senso, che quel signore lì' può dire quello che gli pare, voi no, voi non potete. Perché non scrivo un articolo? Perché l'ho già scritto tanto tempo fa, non sono un giornalista
Repetita juvant
No, io non sono un giornalista e la cosa riguarda voi giornalisti.
Ma noi giornalisti, per esempio «il manifesto», continua a scrivere e a pubblicare contro Berlusconi
Ma non è contro Berlusconi quello che dovete fare. Questo succede alla Rai, perciò io se mai vi dico cosa potreste fare voi giornalisti, perché quelli che lavorno in Rai sono giornalisti, mi pare. Io mi ricordo che quando Berlusconi fece l'editto bulgaro non ci fu nessun giornalista che entrò dentro la Rai e si sedette per terra. Lasciarono licenziare Santoro, Biagi e Luttazzi tranquillamente. Perché non ci siete andati dentro la Rai e vi siete seduti tutti dentro? Forse non li licenziavano. Il problema è vostro perché, ripeto, io non sono un giornalista.
Il problema è anche tuo in quanto cittadino italiano
...Io sono uno scrittore, scrivo i libri e i miei libri per ora non li censura nessuno, ho smesso di scrivere sui giornali perché i vostri giornali, tutti quanti, sono sotto controllo.
Il nostro giornale non è sotto controllo, il manifesto non è sotto controllo.
Va bene, ma restiamo ai fatti. Io credo che se la cosiddetta commissione di vigilanza della Rai non ha gli estremi per una denuncia di diffamazione nei confronti della trasmissione di Santoro il mio consiglio, quello che vi posso dire, è che la Federazione della Stampa denunci alla magistratura la commissione di vigilanza Rai. Denunciate. Il motivo ve lo trovano gli avvocati. Portate tutta quella gente di fronte a un tribunale. Secondo suggerimento. Fate chiedere alla Federazione della stampa italiana un'udienza urgente alla Commissione europea. Si convoca apposta per un fatto del genere, e portate le vostre prove: la registrazione del programma e i vostri testimoni. La cosiddetta Commissione di vigilanza, venga a spiegare perché in Italia c'è la censura. Fra l'altro - aggiungo - date la possibilità della Commissione europea di esprimersi su un argomento finalmente importante, questo consentirà alle istituzioni europee di avere un po' più di credibilità. Perché avrete notato che la credibilità delle istituzioni europee non è mai stata così bassa. Si prevede un assenteismo enorme alle prossime elezioni e, secondo il sondaggio dell'Eurobarometro, il 51% di europei non crede più nelle istituzioni. Con una certa ragione, perché questi burocrati sembra abbiano dimenticato i principi dei padri fondatori, mi riferisco ad Altiero Spinelli, a De Gasperi e Adenauer. Ecco, date anche la possibilità di fare un gesto nobile, di occuparsi di qualcosa di importante.
Insomma il tuo suggerimento è di portare la questione in Europa.
Uscire dall'Italia, se non portate fuori dall'Italia autarchica questo problema nessuno se ne occuperà.
Nel contempo però, come giornale - e io parlo del «manifesto», giornale indipendente - dobbiamo continuare a scrivere.
Va bene, ma nel frattempo potreste anche - e questo mi sembra sia un fatto democratico se non c'è violenza - organizzare un bel sit-in alla Rai. Tutti i giornalisti che vogliono venire, la Federazione della stampa, i direttori di giornali, tutti i giornali che non sono di Berlusconi, chiamate anche il nuovo direttore del Corriere che ha fatto un bel discorso teorico. Venendo potrà dire qualcosa su chi ha accusato il programma di Santoro di «abuso di libertà». Ripeto, costui è liberissimo di dire ciò che vuole, ma bisognerebbe fargli notare che la frase «abuso di libertà» potrebbe essere considerata a sua volta un abuso di libertà se venisse un altro regime e che questo è pericoloso anche per le sciocchezze in libertà che dice. Inoltre - perché c'è molta ignoranza in giro - non farebbe male ricordare alle persone che in uno dei suoi proclami Francisco Franco quando fece il golpe di stato militare disse che l'esercito non poteva più tollerare l'abuso che la repubblica spagnola faceva della democrazia. E quando la democrazia abusa va ricondotta all'ordine. Bene, benissimo. Io credo che se voi fate un sit-in alla Rai e invitate le televisioni straniere secondo me la faccenda inizia a uscire un po' fuori dalla piccola Italia autarchica e l'Europa forse comincia veramente a preoccuparsi della situazione. Questo è quello che io consiglio di fare. Voglio aggiungere che la loro strategia è intimidire. Ne approfitto per farti sapere - così lo sanno anche gli italiani - che in questo momento io mi debbo occupare di un processo per difendermi in tribunale dal senatore Schifani, che mi ha mandato una comunicazione giudiziaria chiedendo un risarcimento per danni alla sua immagine di 1 milione e 200 o trecentomila euro; il 7 di maggio al tribunale di Pisa. Però il senatore Schifani non ha citato in giudizio anche il giornale su cui l'ho scritto, che è l'Unità, perché così colpisce un individuo, debole, e lo intimidisce, isolato come sono io perché sono un libero pensatore e per lui è più facile. Non coinvolge politicamente la faccenda. Anzi, approfitto per dirti che voi giornalisti - ammesso che la cosa interessi - potreste venire ad assistere al dibattimento.

Questo è il blog di Reggio Fahrenheit

- se vuoi iscriverti alla nostra mailing list: invia una mail a fahre@email.it indicando il tuo nome e cognome