venerdì 29 maggio 2009

Berlusconi e la miopia dell’opposizione

di Annamaria Rivera, apparso su: “Liberazione”, 29 maggio 2009, p. 1
“Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo sprangare il Parlamento…”. C’è una certa assonanza di stile, forse anche d’intenti, fra il personaggio mediocre che condusse l’Italia nel baratro e l’ometto tronfio, arrogante e incolto, specialista in barzellette qualunquiste e in battute machiste, corruttore di minorenni e non solo, che oggi promette di stanare e schiacciare i “grumi eversivi tra le toghe”.

E’ solo l’ultima delle tante smargiassate, allarmante anche perché arriva subito dopo quella sul povero “premier” che non ha nessun potere e sul Parlamento da ridimensionare con una legge d’iniziativa popolare. Continuare a minimizzare, perfino a sinistra, mentre la stampa estera è sempre più allarmata, anche questo è un sintomo della deriva italiana. Trastullarsi come se niente fosse, a sinistra e al centro, con frasi fatte, vecchie liturgie, giochi di potere mediocri, pensando che la cosa più importante sia perpetuarsi come ceti politici; non riuscire a stringere un’alleanza “tattica” (come si sarebbe detto un tempo) neppure per fronteggiare il rischio palese dell’eversione della democrazia: anche questi sono segni dello stato miserevole in cui versa il Paese. D’altronde, se il berlusconismo ha potuto allignare e infine imporsi -certo grazie al controllo di gangli decisivi del potere economico e mediatico, ma anche grazie alla sintonia sentimentale con il ventre qualunquista e fascistoide del paese- è perché poco si è fatto per sbarrargli la strada tramite l’iniziativa legislativa e ancora meno per contrastarne l’egemonia culturale. Un segno di grave miopia politica è stata, continua ad essere, la sottovalutazione del ruolo decisivo che in ogni svolta populistica e autoritaria giocano il discorso e le politiche sicuritarie e razziste, la strategia del capro espiatorio. Aver compiaciuto e rilanciato retorica e pratiche sicuritarie quando si era al governo, continuare oggi a non comprendere la centralità strategica della lotta contro il razzismo istituzionale e per i diritti dei migranti e delle minoranze, aver loro negato un posto centrale nelle liste e nei programmi elettorali: anche questi sono errori che si pagano con l’arroganza eversiva di chi svillaneggia l’“aula sorda e grigia” e il potere giudiziario. L’abbiamo scritto più volte: se il potere berlusconiano – con la sua cultura e pedagogia di massa- si è diffuso e radicato è perché ha saputo interpretare e far emergere una delle tendenze che caratterizzano nel profondo la storia nazionale, la biografia del Paese, il suo immaginario collettivo: cioè quell’insieme d’individualismo, cinismo, debolezza del senso civico, disprezzo dei principi e delle regole, assenza di rigore etico e intellettuale, sul quale hanno scritto tante penne insigni. Non è l’unica tendenza, benché oggi appaia predominante. Per sollecitare l’altra, ora che siamo spinti verso l’orlo del baratro, occorrerebbe un sussulto di coerenza, di rigore, di coraggio politici. Occorrerebbe, insomma, proporsi e agire da opposizione.

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