giovedì 26 novembre 2009

Manifestazione di Maschile Plurale a Roma sabato 21 novembre 2009

di Clelia Mori

Silenzio. Lo stesso silenzio che sperimentiamo come donne e come cittadine all’interno di un sistema di potere, di informazione/disinformazione nel quale vorremo esistere tra riflessioni e dialogo, ha aleggiato e aleggia intorno alla manifestazione maschile avvenuta sabato 21 a Roma. E mi chiedo il perché.


Ho cercato, con abbastanza cura in rete, segnali femminile sperandoli persino positivi sulla manifestazione voluta dagli uomini dell’Associazione Maschile Plurale contro la violenza maschile alle donne -la prima indetta da maschi contro i maschi violenti con le donne- e non li ho trovati. C’è un articolo, il solo che ho trovato, su Il paese delle Donne, tra il risentito e il contento, di Paola Zaretti e un altro di Marina Pivetta, sempre sul sito.
Non capisco come mai non notiamo un nuovo che ci accade intorno? E mi chiedo che succede o se invece sono io che mi illudo facilmente, ponendomi delle aspettative irreali? O se abbiamo paura? Sono appena tornata dall’ospedale e non sono potuta andare. Ma da quando ho saputo di questa manifestazione da Stefano Ciccone, a Roma all’assemblea indetta da Ida Dominijanni e altre, ho continuato a chiedermi come avrei potuto andare e come sarei riuscita a farcela. Perché volevo esserci ad una manifestazione che auspicavo già al ritorno da quella ormai famosa, a Roma del 2007, contro la violenza maschile alle donne. Quella che ha fatto discutere per il tentativo del potere partitico femminile di attribuirsi i vantaggi del suo successo ma anche quella che ha rifiutato ancora, allora, la partecipazione di quegli uomini che condividevano il no delle donne sugli uomini violenti.
Mi ricordo che in corriera con un’amica ci dicevamo, incredule che potesse accadere, che la prossima manifestazione l’avrebbero dovuto indire gli uomini per segnare il cambio di passo su di un tema che aveva come soggetto gli uomini e come oggetto le donne e che se gli uomini non ne prendevano coscienza non ci si schiodava dalla situazione, come donne. Perché il problema era loro. L’ho anche scritto questo nostro desiderio e da qualche parte, penso al sito Dea Donnealtri, si trova. Così come si trova anche l’idea che tra di loro, nell’associazione Maschile Plurale, proprio quella mattina del 2007 incontrandosi per capire che fare a proposito della loro esclusione dalla manifestazione, ne avevano parlato.
E’ vero, non è che in questi due anni ci siano state tante voci che lo desideravano e lo esprimevano. Ma pensavo che, se ci sono uomini che rompono il cerchio di omertà maschile e finalmente non temono di esporsi pubblicamente nei confronti del loro stesso gruppo di maschi, potessero avere, da parte nostra, una qualche considerazione maggiore su di un iniziale cambio di passo simbolico che ci riguardava da vicino.
Se penso poi all’estate bollente dei nostri politici di destra e di sinistra e al “disordine” che hanno espresso sulla confusione maschile tra sesso potere soldi relazione col femminile –produzione riproduzione- mi pareva proprio che ora questa distinzione tra maschi cadesse a fagiolo e che finalmente aprisse sul maschile quella contraddizione che gli uomini in genere e non solo quelli della politica fanno fatica ad esprimere. Quando si fanno bastare il pensiero che loro sono diversi dai signori Berlusconi e Marrazzo e non hanno bisogno di dirlo pubblicamente e non dicendolo continuano a proteggere quell’omertà silenziosa tra uomini che garantisce la continuità del loro modello sociale, anche se di crisi perenne.
Se non si riesce a cogliere il nuovo di questo fare che parte proprio dal dato maschile più eclatante, l’esercizio della violenza, nella relazione col femminile, non so proprio come potremo relazionarci, ognuno ognuna a partire da sé, sul resto delle profonde contraddizioni che il patriarcato maschile, ancorché in crisi o finito, ha imposto alla società e a noi donne.
Come potremo valutare o strutturare una comunicazione sul resto delle tematiche che ci interessano se non mettiamo in discussione con loro il modello di base da cui i più prendono le mosse per definirsi e definirci? Penso al legame tra lavoro e vita che come donne vorremmo cambiare e al doppio sì nostro su lavoro e maternità e a come faremo a modificarlo se non cogliamo i cambiamenti anche minimi che accadono sull’altro versante del nostro vivere.
Paolozzi e Leiss hanno scritto in “La paura degli uomini. Maschi e femmine nella crisi della politica” che le donne sono cambiate e gli uomini dovranno farlo. Ma come faremo ad accorgerci dei cambiamenti che avvengono tra gli uomini, se ce ne disinteressiamo? Tra l’altro il femminismo ci ha abituate a leggere tra le pieghe del quotidiano i cambiamenti anche minuscoli delle donne che la società dei media nasconde o non riconosce e all’improvviso perdiamo quest’abitudine alla lettura della realtà se a fare minimi cambiamenti sono gli uomini? O siamo invece convinte che ce la faremo anche se gli uomini non cambiano? Ma non possiamo cambiare noi sole e gli uomini stare fermi. Vorrebbe dire che loro vanno già bene così e noi sappiamo che non è vero, ma non solo perché lo diciamo noi che siamo cambiate, lo dice la crisi del mondo che loro hanno immaginato per tutti/e.
Certo una rondine non fa primavera e molto abbiamo sopportato nei secoli e nei millenni dal potere maschile. Ma questo non ci esime dal non vedere quel che accade. A meno che non ci muoviamo come hanno fatto loro col femminismo e anche noi scegliamo di non vedere. Ma perchè? Noi, siamo così? Non lo credo a meno che non vogliamo restare legate alla condizione di vittime che la violenza maschile ci impone senza cogliere i profondi cambiamenti che noi stesse abbiamo messo in atto.
No. Noi non siamo come gli uomini della politica o come le donne “imitative”anche se la paura di illuderci può farcelo fare: di non vedere. Ma non ce lo possiamo permettere. C’è troppo disordine sotto al sole per poterci concedere questo inutile lusso.
Mi pare di sentirci ripetere che è talmente tanto tempo che gli uomini non si muovono che non è il caso di stare a preoccuparci perché hanno indetto per una volta una manifestazione contro la violenza maschile alle donne…
Ho sperimentato da molto tempo questa sordità maschile alla voce dissonante e critica delle donne in politica e ho visto la distruzione a diffusione geometrica che sono riusciti ad attuare con questa innaturale sordità, più pericolosa perchè voluta. Non credo che come donne possiamo anche involontariamente percorrere le loro stesse strade.
Parliamo, parliamone di quello che accade. Come abbiamo sempre fatto. Indipendentemente da chi lo fa accadere e dai nostri rancori.
Il silenzio non rafforza i poteri, quello dei maschi sul loro presunto potere lo sta distruggendo…

Clelia Mori

23.11.09

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