mercoledì 10 febbraio 2010

La scuola col segno meno

di Cinzia Gubbini, dal Manifesto on line

Così da ieri la scuola secondaria superiore italiana è stata «riformata». A scorrere il calendario non accadeva dal 1923, anno della cosiddetta riforma Gentile. E a raggiungere un traguardo così ambizioso è il ministro dell'Istruzione Maristella Gelmini, che ieri ha incassato dal Consiglio dei ministri l'ok ai regolamenti con cui riorganizza i licei, i tecnici e i professionali. In effetti, però, la cosiddetta «riforma Gelmini» allo stato non è altro che una riorganizzazione delle scuole superiori: si sfoltiscono gli indirizzi e si riaggiustano gli orari (perdipiù tagliando le ore di lezione a scuola) e inoltre si riequilibra il peso di alcune discipline rispetto ad altre. I detrattori definiscono l'intera operazione un taglio epocale, una misura mirata esclusivamente a risparmiare risorse. Ma dietro c'è molto di più: sulla scorta di una vulgata efficientista il governo ha di fatto separato in due il sistema scolastico.

Da una parte ci sono i licei, dall'altra i tecnici e i professionali. Per entrambi sono tempi di magra, ma sono senza dubbio i secondi a farne la spesa maggiore, tant'è che se nei licei la riforma parte solo per i primi anni, nei tecnici e nei professionali sin da subito si andrà a una drastica riduzione dell'orario. Il ministro, spalleggiata dal presidente del consiglio in persona, invece è su tutti altri toni: «E' una riforma epocale e senza alcuna impronta ideologica. Certamente non studiata per fare cassa», ha detto. Aldilà degli aggettivi in parte è vero: Gelmini si è limitata a cucire insieme un po' di cose predisposte dall'allora ministro Letizia Moratti e altre partorite dal ministero guidato da Beppe Fioroni nel governo di centrosinistra. Scelta che secondo il ministro sarebbe garanzia di equidistanza, e che invece finisce per essere solo un pastrocchio con pochissimi respiro. Tutt'altro, insomma, dallo spessore che vorrebbe attribuire Berlusconi alla «riforma»: «Dal prossimo anno scolastico avremo delle scuole che possono essere comparate a quelle degli altri paesi europei - ha detto - perché, secondo quanto ci dichiarano tutte le imprese e le associazioni, la scuola attuale non sforna ragazzi con cognizioni adeguate alle richieste del mondo del lavoro». Non sono mancate, ovviamente, le battute sulla ministra neo sposa «ha lavorato alla riforma invece di andare in viaggio di nozze».Tra gli aspetti positivi della riforma, per quanto riguarda i licei, ci sono l'istituzione di due nuovi licei (musicale e delle scienze umane), il potenziamento dell'area scientifica e matematica nel liceo classico con l'introduzione della lingua sin dal primo anno e per il linguistico l'introduzione sin dal primo anno l'insegnamento di tre lingue straniere, dal terzo anno una materia sarà impartita in lingua straniera, mentre dal quarto anno le discipline insegnate in lingua straniera diventeranno due. Per i tecnici e i professionali, invece, buone notizie non sembrano essercene: la vera cifra della riforma è un taglio drastico dell'orario, 32 ore di 60 minuti al posto delle 36 ore di 50 minuti attuali per i tecnici e ben 32 ore al posto delle 36 di oggi per i professionali. Con la promessa che si starà meno sui libri e più nei laboratori. Il tutto condito da promesse di «laboratori» più numerosi (e anche di risorse) e una grandissima flessibilità del curricolo negli ultimi anni che prelude a un prossimo ritorno a una grande varietà di indirizzi. Il taglio delle cattedre è conseguente: se ne calcolano 17 mila. «Il riordino della scuola superiore del governo non è una riforma, è un taglio epocale alla scuola pubblica italiana che ci allontana dall'Europa e nega pari opportunità di vita, di educazione e di lavoro ai ragazzi e alle ragazze del nostro paese», il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani, che ricorda un grosso limite della riforma: la completa assenze di possibilità di «passaggio» tra un sistema e l'altro: «La scelta compiuta a 13 anni diventa nei fatti irreversibile per la grande differenza di programmi proposti dai diversi percorsi formativi sin dal primo biennio, favorendo la dispersione scolastica», dice Bersani. Durissima la Cgil, con il segretario della Flc Mimmo Pantaleo: «Ciò che il governo ha approvato non è una riforma ma solo una rigorosa applicazione dei tagli decisi dal Ministro Tremonti. Il confronto con le organizzazioni sindacali è stato ancora una volta ininfluente rispetto alle scelte finali nonostante le proposte avanzate nei tavoli tecnici e sistematicamente ignorate.

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