domenica 4 gennaio 2009

Tre mail "reggiane" su Gaza: 1. quella di Valda Busani, Luisa Costi, Letizia Valli delle Donne in nero

Lettera aperta
al Sindaco Graziano Del Rio
e all’Assessore provinciale Marcello Stecco


Eravamo ieri alla manifestazione di solidarietà con la popolazione di Gaza.
Abbiamo visto due – sottolineiamo due – persone bruciare la bandiera
israeliana.
Una parte dei presenti, purtroppo, ha approvato quel gesto, ma in tanti hanno
fischiato e gridato NO, e noi tra questi/e. E’ un gesto che condanniamo, che
non ci appartiene.
Subito dopo dal palco anche gli organizzatori, compreso l’imam, hanno
condannato l’accaduto, come riportato oggi anche dalla stampa locale.


Leggiamo le vostre dichiarazioni: “è un atto violento…azioni di questo genere
allontanano il dialogo e la riconciliazione”, “condanna del grave gesto” e
richiesta “agli organizzatori della manifestazione di prendere le distanze”.
Lo hanno già fatto, in tempo reale, senza attendere i vostri inviti.
Le vostre parole si uniscono ai cori indignati che si sono puntualmente
levati nel Paese di fronte a gesti simili compiuti ieri in altre città.
Vorremmo avere udito e letto da parte vostra, in questi giorni, in queste ore
– e se ci sono sfuggite vi chiediamo scusa in anticipo – parole altrettanto
sdegnate e nette e tempestive di fronte all’ennesimo massacro di civili
palestinesi.
Vogliamo invitarvi a riflettere, insieme a noi. A guardare la luna e non il
dito che la indica.
Quella bandiera bruciata ci parla di rabbia, frustrazione, dolore, senso di
impotenza, davanti all’ennesimo massacro di civili palestinesi innocenti, nel
silenzio complice di tanti e nella paralisi della comunità internazionale.
Ci parla di rabbia e dolore maturati vedendo immagini strazianti che i nostri
media non mostrano, ma che sono visibili a chiunque, e non solo sui media
arabi, ma sulla BBC o sulla CNN ad esempio, per chi vuole vederle. E i
nostri/e
concittadini/e arabi/e quelle immagini le guardano.
Ci parla di un senso di solitudine e di isolamento, della consapevolezza che
i propri morti, i corpi straziati di Gaza o di Baghdad o di Kabul non contano
quanto quelli delle Twin Towers o di Tel Aviv, agli occhi di un occidente che
da sempre ha una doppia tragica contabilità, una doppia etica, due pesi e due
misure.
Se non comprendiamo questo, se non dialoghiamo con questa rabbia e questo
dolore, per quanto sia difficile farlo, continueremo ad annegare nell’ipocrisia
che grida allo scandalo per una bandiera – purtroppo – bruciata e tace di
fronte ai corpi bruciati di uomini, donne e bambini.
Questo produce una frattura drammatica e pericolosa, che alimenta lo “scontro
di civiltà” che qualcuno lucidamente ricerca, da diversi fronti. Noi cerchiamo
di esserne consapevoli. E voi?
Eravamo ieri alla manifestazione perché pensiamo che fermare il massacro di
Gaza e lottare per una “pace giusta” in medio oriente, non sia un problema
degli “islamici” ma di tutti noi.
Come l’apartheid non era/non è un problema dei “neri” ma di tutti noi.
Pensiamo sia sbagliato e pericoloso lasciare la protesta solo agli "arabi”
che vivono fra noi.
Abbiamo detto dal palco, davanti ad una piazza a cui non era facile dirlo, la
nostra condanna per l’attacco israeliano e la nostra condanna per i missili di
Hamas e gli attentati suicidi.
Siamo contro la guerra, chiunque la pratichi; pensiamo non possa mai, in
nessuna circostanza, essere giusta o “umanitaria” o giustificata. La guerra
porta solo altra guerra. e non conta il numero delle vittime, anche se l’atroce
sproporzione di questi giorni è sotto gli occhi di tutti.
A quella piazza abbiamo detto anche il nostro disagio per un corteo scandito
quasi solamente da slogans in lingua araba, da invocazioni religiose, da “Allah
Akbar”. Per un linguaggio che sentivamo come escludente e non coinvolgente
verso il resto della città.
Abbiamo parlato, a quella piazza, del valore per noi irrinunciabile della
laicità, una laicità che sappia accogliere tutti e non escludere nessuno, e lo
abbiamo detto parlando a fianco dell’imam.
Sarebbe stato un altro corteo, un’altra manifestazione, se ci fossero stati
anche i reggiani, tanti reggiani.
Se ci fossero state le istituzioni che voi rappresentate, a condividere la
fatica di un dialogo scomodo, a “sporcarsi le mani”, a dire no ai massacri
chiunque li compia, con la stessa fermezza con cui si dice no ad una bandiera
bruciata.
Abbiamo l’impressione che abbiate scelto la distanza comoda e saccente.
Come l’hanno scelta, purtroppo, altri soggetti della società civile
reggiana.
Vi chiediamo di aprire un confronto su questi temi, con i promotori della
manifestazione di ieri, con tutti/e coloro che erano in piazza, e anche con chi
non c’era.
Vi chiediamo di promuovere un’iniziativa di dialogo in città, prima che si
alzino muri troppo alti per continuare a parlarsi.
Vi chiediamo anche di assumere un’iniziativa di solidarietà con la
popolazione civile di Gaza sotto assedio e sotto il fuoco armato. Lo chiede l’
ONU, lo chiedono tante o.n.g., lo chiedono le nostre coscienze.
Facciamo nostre le parole dei pacifisti israeliani che manifestavano ieri a
Tel Aviv: “Vuoi fermare Hamas? Porta a Gaza la speranza non la guerra!”

Valda Busani, Luisa Costi, Letizia Valli,
delle Donne in Nero

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