di Clelia Mori
C’è qualcosa che mi suona strano, in questo paese, sull’indignazione per la libertà di stampa in pericolo che finalmente è riuscita a riunire gli uomini dell’opposizione dopo il vuoto, il silenzio e l’incertezza che hanno dimostrato, durante tutta l’estate, sui temi che riguardano la maniera di pensare le donne, la loro libertà e la loro storia, anche femminista, sulle questioni del signor B.
Improvvisamente sulla libertà di stampa c’è stato un coagulo maschile che è riuscito a farli emergere da un’apatia politica che rasentava la palude. Con gli uomini stranieri che invece vedevano in pericolo molto del nostro mondo democratico e del loro, nel mantenere quei silenzi imbarazzati sulle vicende del nostro capo del governo.
Addirittura, mi pare che ora stiamo facendo un santino del signor Boffo, che se pur è una vittima di B, non è l’unica. Tra le sue vittime, se il termine da mantenere è quello, c’è anche una certa idea di donna: quella libera che pensa e quella quotidiana di molti corpi femminili senza ruoli altisonanti.
Ma non ho avvertito particolare scandalo per questo nell’opposizione.
Donne importanti sui giornali, a cui solo alcune hanno accesso, hanno detto che le donne tacciono perché non hanno fatto subito quello che loro avrebbero voluto: andare in piazza. Altre su questo hanno aggiunto addirittura che la rivoluzione femminista è interrotta. Un luminare della scienza, fidandosi del fatto che ha lavorato una vita contro i tumori delle donne, si è dato il compito di dire alle donne che occorreva un nuovo femminismo, facendo morire il primo, e qualcun altro importante chiedeva, ancora all’origine della cosa, dove sono le femministe.
Insomma quando si è parlato, si è montato uno scandalo sul femminile e non sul maschile, la sua sessualità e la sua idea del potere. Si è fatto diventare il mondo di alcune, anche televisivo e politico, il mondo di tutte e l’atteggiamento maschile di un capo del governo un fatto quasi privato e quindi di tutti gli uomini, come se tutti fossero anche capo del governo e la sua relazione col femminile fosse la relazione tout court, tra donne e uomini in Italia. E con la democrazia.
Ma la democrazia ha una misura della sua qualità solo con lo stato di salute della libertà di stampa o anche con lo stato di salute della libertà e della dignità delle donne, in relazione al potere ovviamente?
Mi pare che le due condizioni di salute, da noi, non vadano insieme. Sulla libertà di stampa c’è stata una giusta reazione immediata, sul resto siamo ancora in alto mare. Finalmente Franceschini ha trovato un nome alla manifestazione che da tempo si riprometteva di fare ma che non nasceva, anche se di carne al fuoco ce n’era molta. Contemporaneamente la libertà femminile, così pesantemente messa in discussione dal potere e dai media privati, è stata sfilata dal dibattito estivo e mi pare che ora sia rimasto molto attivo solo il tema della libertà di stampa.
Ufficialmente quindi, ancora una volta, di tutto lo scandalo sessuale e politico della nostra estate si sono colpevolizzate le donne, solo loro…
Il disagio maschile, che in alcuni c’è per l’atteggiamento del signor B, non ha coagulato nessun pensiero comune agli uomini dell’opposizione. Solo l’attacco alla libertà di stampa è riuscito a smuoverli santificando Boffo come martire della libertà, di stampa. Come se lui, per tutta la sua carriera giornalistica, non avesse fatto quello che il suo editore gli chiedeva: stoppare e impedire i percorsi di libertà femminile nella gestione dei tempi della sua riproduzione e negare la sapienza delle donne nel dare la vita. E’ come se avesse, invece, sempre difeso le libertà e la sapienza di tutti/e. Difendendo così anche la libertà, compresa quella di stampa.
Credo non si legga o non si voglia leggere o ci si dimentichi che quello che è accaduto alla libertà di stampa è successo perché le donne hanno parlato - e non erano né in silenzio né all’interruzione del femminismo - a partire dalla Lario, scoperchiando un disagio del potere maschile che non si vuole vedere, pur essendo sotto gli occhi di tutti. Non è Boffo che ha parlato contro B, sono state le donne e Boffo non ha più potuto tacere. Pressata dalle e dai fedeli, qualcuno per la Chiesa doveva pur parlare, se voleva salvare capra e cavoli. Forse hanno fatto parlare lui, non lo sapremo mai. Forse volevano sacrificarlo.
Ora basterà uno spostamento al centro del Vaticano e una dimostrazione di fedeltà di B sul testamento biologico perché tutto lo scandalo sulla mala sessualità del potere rientri nella Chiesa e nel Paese? Confermando con forza l’idea pubblicitaria della donna oggetto, pur sapendo che le donne non sono così nella maggioranza, e che il potere attuale è in grado di legiferare solo con giochi di scambio?
Ma tant’è: a noi come opposizione quando si parla di libertà, basta quella di stampa.
E’ questo quello che non riesco a dimenticare quando si vuole difendere la libertà di stampa: non c’è una libertà che vale più di un’altra e nel caso di quella femminile. Anzi, forse il nocciolo sta nel contrario.
La stampa, secondo me, sarà sempre in pericolo, perché è nella gestione monca del potere maschile il pericolo istituzionale più grande per la democrazia che Luce Irigaray dice: comincia a due. Il pericolo è nel silenzio dei suoi uomini sulla loro relazione col sesso e col potere, magari anche quello di dare la vita. E’ questo che mette in crisi anche la libertà della stampa.
E il tutto nasce dalla volontà di non vedere quella delle donne.
Mi chiedo fino a quando gli uomini continueranno a far politica sulla loro idea di possesso del corpo delle donne e quando cominceranno a far politica senza bisogno di paraventi femminili che li stimolino, ma da negare subito dopo perché troppo inquietanti?
Non vorrei che la libertà di stampa fosse un altro strumento per velare delle incapacità politiche; stavo per dire delle impotenze, ma se impotenze certamente a largo raggio…
Clelia Mori
7.9.9
Improvvisamente sulla libertà di stampa c’è stato un coagulo maschile che è riuscito a farli emergere da un’apatia politica che rasentava la palude. Con gli uomini stranieri che invece vedevano in pericolo molto del nostro mondo democratico e del loro, nel mantenere quei silenzi imbarazzati sulle vicende del nostro capo del governo.
Addirittura, mi pare che ora stiamo facendo un santino del signor Boffo, che se pur è una vittima di B, non è l’unica. Tra le sue vittime, se il termine da mantenere è quello, c’è anche una certa idea di donna: quella libera che pensa e quella quotidiana di molti corpi femminili senza ruoli altisonanti.
Ma non ho avvertito particolare scandalo per questo nell’opposizione.
Donne importanti sui giornali, a cui solo alcune hanno accesso, hanno detto che le donne tacciono perché non hanno fatto subito quello che loro avrebbero voluto: andare in piazza. Altre su questo hanno aggiunto addirittura che la rivoluzione femminista è interrotta. Un luminare della scienza, fidandosi del fatto che ha lavorato una vita contro i tumori delle donne, si è dato il compito di dire alle donne che occorreva un nuovo femminismo, facendo morire il primo, e qualcun altro importante chiedeva, ancora all’origine della cosa, dove sono le femministe.
Insomma quando si è parlato, si è montato uno scandalo sul femminile e non sul maschile, la sua sessualità e la sua idea del potere. Si è fatto diventare il mondo di alcune, anche televisivo e politico, il mondo di tutte e l’atteggiamento maschile di un capo del governo un fatto quasi privato e quindi di tutti gli uomini, come se tutti fossero anche capo del governo e la sua relazione col femminile fosse la relazione tout court, tra donne e uomini in Italia. E con la democrazia.
Ma la democrazia ha una misura della sua qualità solo con lo stato di salute della libertà di stampa o anche con lo stato di salute della libertà e della dignità delle donne, in relazione al potere ovviamente?
Mi pare che le due condizioni di salute, da noi, non vadano insieme. Sulla libertà di stampa c’è stata una giusta reazione immediata, sul resto siamo ancora in alto mare. Finalmente Franceschini ha trovato un nome alla manifestazione che da tempo si riprometteva di fare ma che non nasceva, anche se di carne al fuoco ce n’era molta. Contemporaneamente la libertà femminile, così pesantemente messa in discussione dal potere e dai media privati, è stata sfilata dal dibattito estivo e mi pare che ora sia rimasto molto attivo solo il tema della libertà di stampa.
Ufficialmente quindi, ancora una volta, di tutto lo scandalo sessuale e politico della nostra estate si sono colpevolizzate le donne, solo loro…
Il disagio maschile, che in alcuni c’è per l’atteggiamento del signor B, non ha coagulato nessun pensiero comune agli uomini dell’opposizione. Solo l’attacco alla libertà di stampa è riuscito a smuoverli santificando Boffo come martire della libertà, di stampa. Come se lui, per tutta la sua carriera giornalistica, non avesse fatto quello che il suo editore gli chiedeva: stoppare e impedire i percorsi di libertà femminile nella gestione dei tempi della sua riproduzione e negare la sapienza delle donne nel dare la vita. E’ come se avesse, invece, sempre difeso le libertà e la sapienza di tutti/e. Difendendo così anche la libertà, compresa quella di stampa.
Credo non si legga o non si voglia leggere o ci si dimentichi che quello che è accaduto alla libertà di stampa è successo perché le donne hanno parlato - e non erano né in silenzio né all’interruzione del femminismo - a partire dalla Lario, scoperchiando un disagio del potere maschile che non si vuole vedere, pur essendo sotto gli occhi di tutti. Non è Boffo che ha parlato contro B, sono state le donne e Boffo non ha più potuto tacere. Pressata dalle e dai fedeli, qualcuno per la Chiesa doveva pur parlare, se voleva salvare capra e cavoli. Forse hanno fatto parlare lui, non lo sapremo mai. Forse volevano sacrificarlo.
Ora basterà uno spostamento al centro del Vaticano e una dimostrazione di fedeltà di B sul testamento biologico perché tutto lo scandalo sulla mala sessualità del potere rientri nella Chiesa e nel Paese? Confermando con forza l’idea pubblicitaria della donna oggetto, pur sapendo che le donne non sono così nella maggioranza, e che il potere attuale è in grado di legiferare solo con giochi di scambio?
Ma tant’è: a noi come opposizione quando si parla di libertà, basta quella di stampa.
E’ questo quello che non riesco a dimenticare quando si vuole difendere la libertà di stampa: non c’è una libertà che vale più di un’altra e nel caso di quella femminile. Anzi, forse il nocciolo sta nel contrario.
La stampa, secondo me, sarà sempre in pericolo, perché è nella gestione monca del potere maschile il pericolo istituzionale più grande per la democrazia che Luce Irigaray dice: comincia a due. Il pericolo è nel silenzio dei suoi uomini sulla loro relazione col sesso e col potere, magari anche quello di dare la vita. E’ questo che mette in crisi anche la libertà della stampa.
E il tutto nasce dalla volontà di non vedere quella delle donne.
Mi chiedo fino a quando gli uomini continueranno a far politica sulla loro idea di possesso del corpo delle donne e quando cominceranno a far politica senza bisogno di paraventi femminili che li stimolino, ma da negare subito dopo perché troppo inquietanti?
Non vorrei che la libertà di stampa fosse un altro strumento per velare delle incapacità politiche; stavo per dire delle impotenze, ma se impotenze certamente a largo raggio…
Clelia Mori
7.9.9