venerdì 2 ottobre 2009

Obama in bianco e nero

di Naomi Klein, da L'Espresso on line
Prima della sua visita di luglio in Ghana Obama ha fatto sapere di essere infastidito ogni qualvolta sente dire che i problemi dell'Africa sono "in qualche modo imputabili al neocolonialismo, che l'Occidente è stato coercitivo, o ancora che è tutta colpa del razzismo", e ha concluso dicendo: "Io non credo alle giustificazioni". Adesso ha inviato più o meno lo stesso messaggio al suo Paese, indottrinando le famiglie di colore sulle responsabilità individuali. Nel frattempo, il presidente ha accuratamente evitato di accennare, anche solo vagamente, a qualsiasi cosa potesse passare per una questione di colore, dalle incarcerazioni di massa all'abbandono nel quale è stata lasciata la città di New Orleans.


Uno dei timori maggiori della nuova amministrazione è che si possano risvegliare istanze di risarcimento per le ingiustizie razziali subite dai neri nel periodo della schiavitù e mai affrontate dal governo, visto che è diffusa la percezione che per dare qualcosa ai neri e alle altre minoranze sia necessario toglierla ai bianchi. A causa del piano di stimoli, in questo periodo circola una quantità incredibile di soldi che non appartengono ancora a nessun gruppo etnico in particolare. E l'approccio di Obama al piano è stato giustamente criticato per essersi lasciato sfuggire una grossa occasione: il pacchetto da 787 miliardi di dollari è una disorganica pesca miracolosa, ma che ha poche ambizioni di risolvere concretamente uno qualsiasi dei problemi che si limita a mordicchiare. Ricomporre una volta per tutte, finalmente, le sperequazioni e i divari lasciati dalla schiavitù e dalle leggi Jim Crow è un'idea-incentivo buona come qualsiasi altra. "Se il governo può salvare in extremis dal fallimento Aig", ha sottolineato Roger Wareham, legale addetto ai risarcimenti, "allora può anche dire: 'Salveremo tutti i connazionali di origine africana, visto quanto è accaduto loro da un punto di vista storico'".


Ciò che Obama ha di affascinante (e irritante al tempo stesso) è la capacità di riuscire a persuadere così tanti americani della correttezza e giustezza di una simile impresa. L'unica volta che durante la campagna elettorale ha fatto un discorso sulla razza, suscitato dalla controversia sorta in relazione al Reverendo Jeremiah Wright, ha raccontato come il lascito storico della schiavitù e della discriminazione legalizzata abbiano strutturalmente impedito agli afroamericani di raggiungere la piena eguaglianza. Si tratta di una storia non molto diversa da quella che gli attivisti come Wareham raccontano quando vogliono addurre validi motivi a sostegno delle loro richieste di risarcimento.

Obama ha pronunciato il suo discorso sei mesi prima del crollo di Wall Street, ma le forze a cui alludeva aiutano a spiegare perché sia avvenuto il crollo. Aveva detto: "Discriminazione legalizzata vuol dire che le famiglie di colore non poterono mettere insieme ricchezze significative da lasciare alle generazioni seguenti". Non a caso oggi molti di loro si siano affidati ai rischiosi mutui subprime. Nella città natale di Obama, Chicago, le famiglie di colore hanno avuto il quadruplo delle occasioni rispetto a quelle bianche di sottoscrivere un mutuo subprime.

La crisi della situazione economica degli afroamericani è stata certamente acuita e aggravata dalla crisi economica nel suo complesso. A New York, per esempio, il tasso di disoccupazione è aumentato quattro volte più velocemente tra i neri che tra i bianchi. Secondo il 'New York Times', le "insolvenze dei nuclei familiari si verificano tre volte più frequentemente nelle minoranze che nella maggior parte dei nuclei familiari bianchi". Se Obama ha fatto risalire il crollo di Wall Street al rifiuto di accordare un'ipoteca su aree deprezzate e a alle leggi Jim Crow, andando indietro nel tempo fino alla promessa mai mantenuta dei 40 acri e un mulo per ogni schiavo affrancato, un'ampia fetta dell'opinione pubblica americana potrebbe finalmente convincersi che eliminare le barriere strutturali che rendono impossibile un'autentica eguaglianza non sia nell'interesse delle sole minoranze, ma di chiunque voglia un'economia più stabile.
(18 settembre 2009)

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