riceviamo da Giorgio Grappi:
ROSARNO E' L'ITALIA
Qualche giorno fa noi, migranti e italiani, uomini e donne appartenenti ai coordinamenti, collettivi e reti di Bari, Bologna, Brescia, Mantova e basso mantovano, Milano, Padova, Roma, Torino abbiamo dichiarato di sostenere nei prossimi mesi la campagna politica per l’organizzazione anche in Italia dello sciopero delle migranti e dei migranti .
Negli stessi giorni nella Piana di Gioia Tauro è diventato realtà il sogno del leghista Gentilini di fare dei migranti “lepri a cui sparare”. La strage di Castel Volturno del settembre 2008 ci ricorda che non è la prima volta. Allora come oggi i migranti non hanno ceduto al ricatto e alla minaccia, ma di fronte alla violenza armata è stata loro offerta solo la fuga. Chi ha invocato l’intervento dello Stato ha avuto una risposta pronta: i migranti di Rosarno sono stati deportati in massa, mentre un ministro razzista, “cattivo” e coerente ora organizza l’espulsione degli sfruttati.
Nell’era del “pacchetto sicurezza”, in Italia si è aperta la caccia al migrante che alza la voce. Rosarno non è un puro frutto della criminalità: la violenza della ‘ndrangheta si è nutrita negli anni della legge Bossi-Fini e delle connivenze dello Stato. A tutto questo, il razzismo ormai diffuso ha fatto da perfetta cornice. Un razzismo istituzionale coltivato nel tempo e che oggi esplode di fronte alla crisi. Ma non dovrebbero essere necessari i morti ammazzati di Castel Volturno e i feriti di Rosarno per vedere che in Italia vige una forma di sfruttamento totale del lavoro favorita dalla legge Bossi-Fini, che autorizza a espellere i lavoratori quando non servono più o alzano la voce. La “fabbrica verde” del sud d’Italia, quella dove sono rifluiti i lavoratori espulsi dalle fabbriche in crisi del nord, non potrebbe funzionare senza quelli che accettano qualsiasi lavoro per mantenere il permesso e sono regolari persino secondo le leggi di questo Stato, senza quelli che aspettano per mesi un rinnovo, senza quelli che un permesso di soggiorno lo perdono o non lo avranno mai perché vige l’assurdo sistema delle quote, senza quelli che attendono il diritto d’asilo, senza quelli che sono criminalizzati e bollati dell’infamia (reale o meno, poco importa, purché giustifichi le “misure di sicurezza”) della clandestinità.
Diciamolo chiaro: Rosarno è l’Italia. Non solo l’Italia della Lega, ma quella delle leggi di uno Stato razzista e quella dei padroni che, nel sud come al nord, che siano o meno affiliati alla criminalità organizzata, sono disposti a tutto pur di pagare il salario più basso possibile.
La misura è colma da parecchio tempo. Ben vengano le testimonianze di civiltà, ma è necessario decidere davvero da che parte stare. La risposta a ciò che è successo non può risolversi in un presidio e in una festa. È necessario che la solidarietà vada oltre se stessa e si esprima dentro ai percorsi organizzativi che coinvolgono lavoratori e lavoratrici, migranti e italiani, nella preparazione dello sciopero del lavoro migrante in Italia, che non sarà solo lo sciopero dei migranti, ma di tutti coloro che si oppongono al modo in cui vengono trattati. Il ministro Calderoli ha deriso il progetto di uno sciopero affermando che i regolari non lo faranno mai, e che gli irregolari saranno espulsi. È necessario mostrare a tutti quelli come lui la forza che i migranti sono in grado di mettere in campo come protagonisti delle loro lotte. Protagonisti insieme a quegli uomini e a quelle donne che rifiutano il razzismo come pratica quotidiana di sfruttamento. Lo sciopero è la vera forza che oggi l’antirazzismo può mettere in campo.
Coordinamento per lo sciopero del lavoro migrante in Italia
Per partecipare, sostenere, diffondere la campagna per lo sciopero del lavoro migrante in Italia: