Ormai non c’è più niente da fare. Manca il placet del governo, che potrebbe arrivare oggi o nel prossimo Consiglio dei ministri. La riforma che depotenzierà lo studio di moltissime materie nelle scuole superiori e che taglierà migliaia di posti di lavoro, ieri ha avuto il sì, pd contrario, non l’Udc, (tra l’altro non vincolante) della commissione competente in Senato. Che si possa fare così, quasi in silenzio, con dei regolamenti (che vi abbiamo diffusamente illustrato su queste pagine e che potete vedere sul sito http://nuovilicei.indire.it/) lo prevede la Finanziaria del 2008, attraverso cui si è delegato il governo a fare e ad infischiarsene di un reale dibattito parlamentare. Buio sulla scuola, dunque.
Fine delle sperimentazioni nei licei; fine delle attività pratiche nei tecnici (dall’Agrario, ai Nautici ai Tecnici industriali, e poi lo stesso governo ci propone l’apprendistato a quindici anni, togliendolo da un percorso formativo vero); fine dello studio di due lingue straniere; fine dello studio della geografia, di cui parleremo nella pagina seguente; latino solo in uno dei tre scientifici che rimarranno. «Siamo sbalorditi e turbati di fronte all’indifferenza con cui il governo ha dimostrato di voler risolvere i gravi problemi che affliggono la scuola italiana», ha detto la presidente del Gruppo del Pd, Anna Finocchiaro, a commento del via libera ai regolamenti sulle scuole superiori della commissione Istruzione del Senato. «Hanno vinto i diktat di Tremonti - ha precisato Finocchiaro - preoccupato solo di contenere la spesa pubblica, come ha sottolineato più volte nei suoi pareri il Consiglio di Stato.
Il governo ha scelto la strada più veloce e meno democratica, privando il parlamento e il Paese di un confronto serio e doveroso. La scuola italiana avrà meno ore da dedicare agli studenti, meno materie e anche meno insegnanti, perché nulla è stato fatto per garantire il posto di lavoro alle migliaia di precari che, dopo anni di dedizione e attesa, sono costrette a fare i conti con un futuro privo di certezze.
La scuola italiana, così come esce da quella che si ha il coraggio e la sfacciataggine di definire una riforma, è un salto all’indietro. Un’offesa per il nostro Paese, al quale non si vogliono offrire gli strumenti per affrontare sfide importanti nel campo della conoscenza, dell’innovazione, dell’investimento sui giovani e sul sapere». Buio anche sul percorso. Perché al momento i regolamenti per le superiori non sono pubblici e le famiglie hanno due mesi di tempo per scegliere il futuro scolastico dei propri figli. Buio per i docenti: non si sa se la cosiddetta riforma partirà solo per le prime classi dal prossimo anno scolastico o se pure per le altre, minando un percorso di formazione scelto su altri presupposti.
Fine delle sperimentazioni nei licei; fine delle attività pratiche nei tecnici (dall’Agrario, ai Nautici ai Tecnici industriali, e poi lo stesso governo ci propone l’apprendistato a quindici anni, togliendolo da un percorso formativo vero); fine dello studio di due lingue straniere; fine dello studio della geografia, di cui parleremo nella pagina seguente; latino solo in uno dei tre scientifici che rimarranno. «Siamo sbalorditi e turbati di fronte all’indifferenza con cui il governo ha dimostrato di voler risolvere i gravi problemi che affliggono la scuola italiana», ha detto la presidente del Gruppo del Pd, Anna Finocchiaro, a commento del via libera ai regolamenti sulle scuole superiori della commissione Istruzione del Senato. «Hanno vinto i diktat di Tremonti - ha precisato Finocchiaro - preoccupato solo di contenere la spesa pubblica, come ha sottolineato più volte nei suoi pareri il Consiglio di Stato.
Il governo ha scelto la strada più veloce e meno democratica, privando il parlamento e il Paese di un confronto serio e doveroso. La scuola italiana avrà meno ore da dedicare agli studenti, meno materie e anche meno insegnanti, perché nulla è stato fatto per garantire il posto di lavoro alle migliaia di precari che, dopo anni di dedizione e attesa, sono costrette a fare i conti con un futuro privo di certezze.
La scuola italiana, così come esce da quella che si ha il coraggio e la sfacciataggine di definire una riforma, è un salto all’indietro. Un’offesa per il nostro Paese, al quale non si vogliono offrire gli strumenti per affrontare sfide importanti nel campo della conoscenza, dell’innovazione, dell’investimento sui giovani e sul sapere». Buio anche sul percorso. Perché al momento i regolamenti per le superiori non sono pubblici e le famiglie hanno due mesi di tempo per scegliere il futuro scolastico dei propri figli. Buio per i docenti: non si sa se la cosiddetta riforma partirà solo per le prime classi dal prossimo anno scolastico o se pure per le altre, minando un percorso di formazione scelto su altri presupposti.