di Ida Dominijanni, da "Il Manifesto" di ieri 5 Maggio '09
Che Silvio Berlusconi, «addolorato», si appelli alla privacy, sostenendo che il divorzio fra lui e Veronica Lario «è una vicenda personale, che rientra nella dimensione privata e di cui pare doveroso non parlare», si può capire: può uscirne rovinato, cerca di prendere tempo (impazzando su tutta la stampa, altro che privacy) e di organizzare il contrattacco («durissimo»). Che le sue truppe, spiazzate da Veronica Lario dopo avere già scatenato il possibile e l'impossibile per intimarle di tacere (vedi le sue foto da «velina ingrata» pubblicate da «Libero» giovedì scorso), si accodino alla voce del padrone, recitando in coro, da Brunetta a Capezzone, il mantra della «questione privata», si capisce pure: è il solito ossequio della corte.
Ma che lo stesso mantra venga intonato dai leader dell'opposizione, Franceschini e Di Pietro per una volta come un sol uomo (meno male che Rosi Bindi fa eccezione), è veramente surreale e la dice lunga sulla loro perspicace capacità di leggere il fatto, l'epoca e il paese. Veronica Lario non ha mandato a quel paese suo marito sbattendogli in faccia la porta di casa di notte: ha chiuso la sua relazione coniugale con il presidente del consiglio sbattendogli (e sbattendoci) in faccia il modello di etica pubblica, di uso del potere, di mercato del consenso che ha messo in piedi. Non gli ha solo (solo?!) rimproverato di disprezzare le donne riducendole a bambole a suo uso e consumo e di accompagnarsi a delle minorenni, gli ha detto (ci ha detto) che questa relazione con l'altro sesso è un sintomo gravissimo del suo modo di concepire il «divertimento dell'imperatore», e che il fatto che questo sintomo sia derubricato a fatto da operetta è a sua volta un indice di quanto il paese (opposizione, veline e madri delle veline comprese) sia connivente nell'assicurargli questo divertimento. Ne ha fatto, in poche parole, una questione politica, non un problema di corna privato. Correttezza - la correttezza rivendicata da Franceschini e Di Pietro - vorrebbe che si prendesse sul serio la parola pubblica di una donna, di «questa» donna, non che la si riportasse a forza nel recinto della privacy, a tutto vantaggio - evidente - del suo uomo e del nostro premier.E' singolare come in questo paese, che con la privacy non ha alcuna familiarità per antiche ragioni culturali, essa venga tirata fuori solo e soltanto per difendere comportamenti maschili indifendibili, ovvero per coprire l'adagio (cattolico) della doppia morale con la saggezza popolare (invocata da Franceschini) dei panni sporchi che si lavano in casa e del tra moglie e marito non mettere il dito. E dovrebbe pur dirci qualcosa il fatto che al contrario, nei paesi che la privacy ce l'hanno nel dna, essa non vale per i politici (uomini e donne): oltre un certo grado di responsabilità, potere e esposizione mediatica, la loro vita è considerata tutta pubblica e tutta soggetta a un obbligo di trasparenza. Non solo. Continuare a tracciare un confine netto fra privato e politico significa continuare pervicacemente a ignorare che quel confine è saltato una volta per tutte da quando le donne, un tempo deputate a garantirlo facendo gli angeli del focolare muti, hanno invaso e ridefinito la sfera pubblica e hanno preso parola pubblica: come nel caso Veronica Lario, e prima di lei milioni di altre. Ma nel caso di Berlusconi e dell'Italia berlusconiana, c'è ancora di più. Perché Berlusconi ha costruito il suo potere, la sua immagine e il suo populismo precisamente cavalcando saldamente la rottura del confine fra pubblico e privato. L'ha fatto non politicizzando il personale, come era avvenuto nel femminismo e nei movimenti libertari degli anni 60-70, ma al contrario privatizzando il politico: leadership iperpersonalizzata, senso proprietario del governo, riduzione della politica a reality. La promozione delle veline a candidate rientra perfettamente in questo schema, oltre nella sua strategia di «seduzione» dell'altro sesso e di rassicurazione dell'immaginario sessuale maschile di cui abbiamo già più volte parlato su queste pagine. Tentare di ripristinare il confine della privacy in questa situazione, invece che analizzarla e affrontarla di petto per quello che è, significa non avere né il senso dell'epoca né il polso del berlusconismo. I sondaggi dicono che quest'ultimo è saldamente in sella, e che anche dal divorzio impostogli dalla moglie il premier saprà trarre giovamento? Può darsi che sia così, e se così fosse questo non farebbe che confermare lo stato allucinatorio del consenso che l'Italia gli tributa. Ma può anche darsi che stavolta il termometro dei sondaggi veda corto. Lungi dall'essere un incidente privato e casuale, il colpo stavolta punta al cuore, non dell'uomo ma del suo regno: viene da dentro la materia di cui è fatto, la decompone e la sgretola. Una mira di precisione, come forse solo una moglie poteva prenderla.
Ma che lo stesso mantra venga intonato dai leader dell'opposizione, Franceschini e Di Pietro per una volta come un sol uomo (meno male che Rosi Bindi fa eccezione), è veramente surreale e la dice lunga sulla loro perspicace capacità di leggere il fatto, l'epoca e il paese. Veronica Lario non ha mandato a quel paese suo marito sbattendogli in faccia la porta di casa di notte: ha chiuso la sua relazione coniugale con il presidente del consiglio sbattendogli (e sbattendoci) in faccia il modello di etica pubblica, di uso del potere, di mercato del consenso che ha messo in piedi. Non gli ha solo (solo?!) rimproverato di disprezzare le donne riducendole a bambole a suo uso e consumo e di accompagnarsi a delle minorenni, gli ha detto (ci ha detto) che questa relazione con l'altro sesso è un sintomo gravissimo del suo modo di concepire il «divertimento dell'imperatore», e che il fatto che questo sintomo sia derubricato a fatto da operetta è a sua volta un indice di quanto il paese (opposizione, veline e madri delle veline comprese) sia connivente nell'assicurargli questo divertimento. Ne ha fatto, in poche parole, una questione politica, non un problema di corna privato. Correttezza - la correttezza rivendicata da Franceschini e Di Pietro - vorrebbe che si prendesse sul serio la parola pubblica di una donna, di «questa» donna, non che la si riportasse a forza nel recinto della privacy, a tutto vantaggio - evidente - del suo uomo e del nostro premier.E' singolare come in questo paese, che con la privacy non ha alcuna familiarità per antiche ragioni culturali, essa venga tirata fuori solo e soltanto per difendere comportamenti maschili indifendibili, ovvero per coprire l'adagio (cattolico) della doppia morale con la saggezza popolare (invocata da Franceschini) dei panni sporchi che si lavano in casa e del tra moglie e marito non mettere il dito. E dovrebbe pur dirci qualcosa il fatto che al contrario, nei paesi che la privacy ce l'hanno nel dna, essa non vale per i politici (uomini e donne): oltre un certo grado di responsabilità, potere e esposizione mediatica, la loro vita è considerata tutta pubblica e tutta soggetta a un obbligo di trasparenza. Non solo. Continuare a tracciare un confine netto fra privato e politico significa continuare pervicacemente a ignorare che quel confine è saltato una volta per tutte da quando le donne, un tempo deputate a garantirlo facendo gli angeli del focolare muti, hanno invaso e ridefinito la sfera pubblica e hanno preso parola pubblica: come nel caso Veronica Lario, e prima di lei milioni di altre. Ma nel caso di Berlusconi e dell'Italia berlusconiana, c'è ancora di più. Perché Berlusconi ha costruito il suo potere, la sua immagine e il suo populismo precisamente cavalcando saldamente la rottura del confine fra pubblico e privato. L'ha fatto non politicizzando il personale, come era avvenuto nel femminismo e nei movimenti libertari degli anni 60-70, ma al contrario privatizzando il politico: leadership iperpersonalizzata, senso proprietario del governo, riduzione della politica a reality. La promozione delle veline a candidate rientra perfettamente in questo schema, oltre nella sua strategia di «seduzione» dell'altro sesso e di rassicurazione dell'immaginario sessuale maschile di cui abbiamo già più volte parlato su queste pagine. Tentare di ripristinare il confine della privacy in questa situazione, invece che analizzarla e affrontarla di petto per quello che è, significa non avere né il senso dell'epoca né il polso del berlusconismo. I sondaggi dicono che quest'ultimo è saldamente in sella, e che anche dal divorzio impostogli dalla moglie il premier saprà trarre giovamento? Può darsi che sia così, e se così fosse questo non farebbe che confermare lo stato allucinatorio del consenso che l'Italia gli tributa. Ma può anche darsi che stavolta il termometro dei sondaggi veda corto. Lungi dall'essere un incidente privato e casuale, il colpo stavolta punta al cuore, non dell'uomo ma del suo regno: viene da dentro la materia di cui è fatto, la decompone e la sgretola. Una mira di precisione, come forse solo una moglie poteva prenderla.